Cosa aggiungere alle parole che Lucetta Scaraffia ha scritto in un articolo, pubblicato da ‘L’Osservatore Romano’ il 5 marzo scorso, riguardante la maternità surrogato e la decisione del tribunale di Trento di convalidare la paternità a due uomini omosessuali? Probabilmente nulla di più sensato e giusto, la giornalista parla di questa pratica come di una “Nuova forma di schiavitù per la donna” e come darle torto, nella maternità surrogato non si fa altro che affittare il corpo della donna (o meglio affittarlo) per completare una transazione economica che comporta la compravendita di un bambino.
La giornalista si dice sorpresa di come al giorno d’oggi si dia giustamente importanza ai casi di violenza sulle donne, ma non si parli mai dell’ingiustizia di questa nuova pratica commerciale: “Colpisce una donna come me, femminista, il fatto che in un momento come questo in cui tante energie e tante voci sono impegnate nel denunciare, giustamente, la violenza sulle donne, siano invece così poche le donne che denunciano quanto sta avvenendo contro di loro sul piano fondamentale della maternità”. Secondo lei non ci si rende conto che si è arrivati ad una nuova frontiera della commercializzazione del corpo della donna, precedentemente affittato ad ore per un piacere temporaneo, ed ora affittato per nove mesi a dure condizioni.
La Gpa (o Gravidanza per altri) è una pratica disumana, basta osservare le clausole contrattuali a cui le donne si sottopongono pur di aderire ad una transazione economicamente vantaggiosa: l’ovulo dev’essere impiantato da un’altra donna, i committenti possono decidere in qualsiasi momento di ordinare un aborto e le donne scelte devono aver avuto già uno o più figli per evitare il rischio che si affezionino al bambino e lo tolgano dalla disponibilità dei compratori. C’è un mondo di violazioni etiche e morali in una pratica degenerata, degenerante e degenerativa come questa, ma il “Dio” denaro ha la prevalenza e difficilmente le giuste rivendicazioni fermeranno una tendenza così redditizia.
L’articolo continua con una considerazione degna di nota, il desiderio di paternità è insito nell’uomo , ma comporta determinate scelte, se per qualsivoglia motivo si decide di vivere con un uomo (o donna nel caso delle lesbiche) rifiutando la naturale sessualità, la conseguenza di ciò è l’impossibilità di avere un figlio. Ora la Scaraffia dice giustamente che se per problemi di fertilità una coppia non può avere figli è anche giusto che il progresso medico li aiuti, nel caso in cui due uomini o donne vogliano sopperire all’impossibilità genetica di avere figli si tratta di puro egoismo.
Allora perché non vi è sensibilità a riguardo? Perché le persone sembrano indifferenti e quasi favorevoli? La spiegazione di questo la fornisce la stessa giornalista: “E la cultura che ci circonda, che insiste nell’interpretare questa situazione abnorme come un risultato del progresso che avanza, quasi come se fosse animato da uno spirito proprio, e quindi non controllabile, sta macchiandosi di gravi colpe”.