Nel meraviglioso progetto divino l’essere umano è stato dotato di due valori: il corpo e lo spirito, capaci entrambi di meritare il paradiso. Essendo anche il corpo un valore donato da Dio, la sua cura è un dovere morale. Quando però essa prevale sulla cura del nostro spirito e addirittura ci porta a peccare, facciamo del nostro corpo un nostro nemico che ci impedisce di raggiungere il cielo. Amiamo giustamente il nostro corpo quando lo sottomettiamo allo spirito. Purtroppo nella cultura contemporanea assistiamo ad una inversione della gerarchia di questi valori e quando al corpo e al piacere si da il primo posto possiamo parlare di vera e proprio idolatria. Proprio da questo pericolo ci mette in guardia la dottoressa Gloria Polo esponendo nella sua testimonianza i suoi errori al fine di offrirsi come specchio nel quale tanti possano rivedersi e correggersi. Per esempio narra come fin da adolescente aveva imparato a utilizzare il suo corpo come strumento di seduzione[1], convinta che «una donna deve saper mettere in mostra le sue parti migliori»[2]. La Voce meravigliosa le mostrò che il Demonio utilizzava la sua attitudine alla provocazione estetica inducendo molti uomini a desiderarla, lei che era sposata e quindi donna “d’altri”. Quanti uomini strappò alla preghiera?! Per mantenere il suo corpo seducente lo costringeva ad una vera e propria ascesi, ma la Voce meravigliosa che la guidava nella visione del Libro della vita le disse: «A che cosa ti serve ora il culto che desti al tuo corpo, i soldi che spendesti e le angustie che sopportasti per esso? A che ti serve ora l’esserti ammalata di bulimia e anoressia, l’aver maltrattato, detestato e sottoposto a tante torture il tuo corpo? […]Quali tesori spirituali hai portato?»[3]. Non ne aveva portate alcuno.
L’esperienza di premorte ha profondamente cambiano Gloria e il suo atteggiamento nei confronti del suo corpo, lasciando molti stupiti di questo cambiamento. Tra questi il medico che curava il suo rendimento sportivo. Conoscendola come una donna molto vanitosa, disposta a soffrire la fame e a prendere ormoni e droghe per dimagrire, era esterrefatto nel vedere che dava gloria a Dio per essere ancora viva e di avere un corpo, sebbene nelle condizioni in cui versava. Per un anno e mezzo visse con le sue ovaie bruciate, senza seno e con le ferite del costato sinistro sanguinanti. Il dolore era impressionante, ma lei lo viveva nella dolcezza di Cristo. Mai sentì tanto la sua presenza come quando soffrii così intensamente nella sua carne[4]. «Sono claudicante – dice ora Gloria -, è cambiata la modalità della mia camminata, ma per la gloria di Dio sono ancora attaccate al mio corpo per mostrare la grandezza e il potere del nostro Dio vivente»[5] e ogni passo che faccio do gloria a Dio.
Questa esperienza di conversione profonda ci da lo spunto per una riflessione. Quando la natura umana sa tanto ricordarsi la sua origine da saper vivere nel soprannaturale, diviene più alta di quella angelica ed è agli angeli ragione di ammirazione. Quando avviene questo? Quando una creatura vive inabissata nella volontà di Dio, interamente abbandonata a lui, non vivendo, non amando, non agendo che per lui e con lui. Allora eleva la sua carne ad un grado non concesso agli angeli, i quali non conoscono le ansie della carne e non hanno il merito di domarle. Quando poi la creatura crocifigge se stessa per amore del Maestro crocifisso, allora diviene ragione di ammirazione alle schiere angeliche, le quali non possono soffrire per amor di Dio e crocifiggere se stesse come Gesù, Redentore del mondo e Figlio dell’Eterno. Ora, non vi pare giusto che, come durante questo giorno, carne e anima furono unite nella lotta per possedere il cielo, nel Giorno eterno carne e anima siano unite per godere il premio? La resurrezione della carne è infatti dogma di fede ed esprime una vera giustizia di Dio. Con la carne risorta godremo dell’eterna gioia.
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Note
[1] Flaviano Patrizi, Sono stata alle porte del Cielo e dell’Inferno. Nuova testimonianza della dott.sa Gloria Polo, Himmel associazione, 2011, p. 37: «Ormai morte spiritualmente, a noi compagne della comitiva, ovviamente, non piaceva partecipare alla messa quando a celebrare era un anziano sacerdote. In questi momenti eravamo, infatti, sempre distratte e giocavamo, ma quando l’anziano sacerdote fu sostituito da un giovane prete… allora sí che vi prendevamo parte volentieri! «Quant’è bello!… Che “figo”!» dicevamo. Eravamo tutte innamorate di lui e decise a conquistarlo. Io e le mie amiche, mentre programmavamo il piano di azione, ci dicevamo: «Vediamo chi di noi lo conquista».
Sapete cosa escogitammo e attuammo? Ci mettevamo in fila nella processione di comunione, naturalmente senza esserci confessate, súbito dopo le suore del collegio, e ci inginocchiavamo pure nel momento della comunione. Non lo facevamo certamente per devozione, bensí per una ben precisa strategia seduttiva. Ci sbottonavamo la camicetta perché volevamo vedere con chi di noi al giovane prete avrebbe tremato di piú la mano e, chi riusciva nell’intento, sarebbe stata quella che aveva il seno migliore. Pensate che cosa ci aveva condotto a essere il nostro cammino di scoperta della vita: irrispettose, beffarde, menefreghiste e illuse che tutto questo fosse solo un gioco innocente e non un essere completamente utilizzate da Satana». Ivi, p. 46: «Ero adultera con queste scollature vertiginose e feci peccare molti uomini per ciò che gli mostrai».
[2] Ivi, p. 62.
[3] Ivi, p. 24.
[4] Cfr. Ivi, p. 62.
[5] Ibidem.