In questo periodo di crisi, molti si chiedono come fare a trovare forze e speranza. Un esempio di come si può fare ce lo ha fornito Leopoldo Mandic.
Proprio la fede incrollabile e la capacità del Santo di superare le avversità sia fisiche che storiche è materiale da cui trarre insegnamento.
Come trovare speranza in periodo di crisi
La pandemia di Coronavirus ci ha travolto l’esistenza, modificando improvvisamente le nostre abitudini quotidiane. In questi mesi abbiamo assistito impotenti alle notizie delle centinaia di vittime giornaliere causate dal Covid-19, chiedendoci quando tutto questo sarebbe finito e come ne saremmo usciti. Con il passare dei giorni questa domanda è diventata assillante e vi si è associata il dubbio su quale possa essere il nostro futuro.
Da giorni, anche settimane, ormai sappiamo che la pandemia non scomparirà da sola e che dovremo imparare a conviverci. A questa difficoltà giornaliera si aggiunge quella legata all’impossibilità, per molti, di tornare a lavorare. Ci si domanda, quindi, come la nazione e le persone che vivono le maggiori difficoltà riusciranno a superare una crisi che non ha eguali dal dopoguerra a questa parte. Ci si chiede anche come si possa coltivare la speranza in un contesto come questo, in cui persino le Messe sono interdette.
Prendiamo esempio da Leopoldo Mandic
Forse è proprio la necessità di rispondere a questa domanda che spinge i cittadini padovani a recarsi quotidianamente nei pressi della tomba di Leopoldo Mandic. Il Santo, recentemente nominato patrono dei malati di tumore, è simbolo di speranza per tutti coloro che versano in grande difficoltà e vivono in sofferenza. Lo è anche e soprattutto in un periodo in cui, sebbene la maggior parte di noi non abbia problemi di salute gravi, si dubita che ci possa essere un futuro felice.
Leopoldo è simbolo per i suoi devoti, per chi ha una fede cristiana, ma anche per chi semplicemente conosce il suo atteggiamento nei confronti della vita. Da giovane voleva diventare un missionario e sognava di appianare le divergenze tra la Chiesa occidentale e quella orientale. Un processo che successivamente è stato avviato con il Concilio Vaticano II. Non gli è stato possibile poiché un corpo gracile e una salute inferma gli hanno impedito di viaggiare. Questo non lo ha fatto abbattere, nemmeno quando è stato giudicato incapace di insegnare ai novizi ed è stato messo a fare il confessore.
Quella che per gli altri poteva sembrare una mancanza di fiducia nelle sue capacità, per lui è stata una benedizione. Riteneva la confessione un onore e una grande missione per un religioso e presto fedeli da tutta Italia viaggiavano per venirlo a trovare, farsi confessare e venerarlo. Non si è abbattuto nemmeno quando, malato di tumore, è stato costretto a girare in carrozzella. Non lo hanno fermato nemmeno le bombe che durante la guerra deturpavano la bellezza della città e minavano la serenità dei cittadini. In quel contesto era forse l’unico in grado di riuscire ad infondere speranza. Lasciamoci dunque ispirare dalla vita di questo grande religioso e attendiamo con fiducia la fine della crisi.
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Luca Scapatello