Molte madri rinunciano al proprio bambino, quando vengono a sapere che porta con se un handicap; altre riescono a trovare il modo di accettarlo e prendersene cura, ad ogni costo
Tina Medlock, una madre inglese di 43 anni, cura il blog “Joseph and his Amazing Spectrum Coat – Our Truth About Autism”.
Ora racconta, con una lettera, quanto per lei sia stata dura accettare l’handicap del figlio Joseph, che è autistico: “Caro Joseph, vorrei dirti che mi sono innamorata di te nel momento in cui ho scoperto di essere incinta, ma non l’ho fatto. (…) Ti desideravo con tutto il cuore, eppure non ti ho amato con tutta me stessa e non so perché. Hai reso il mio compito da madre incredibilmente difficile e questo mi ha portata a chiedermi per quale motivo non ti amassi come tutti i libri dicevano che avrei dovuto e nel modo in cui le mie amiche mamme amano i loro piccoli”.
Ricordiamo che l’autismo è una sindrome neurologica dello sviluppo, che compromette le relazioni sociali e le capacità comunicative. E’ un disturbo che si delinea sin dalla più tenera età ed è invalidante, per le attività immaginative che risultano ristrette, così come gli interessi a molte occupazioni.
“Il giorno in cui ti è stato diagnosticato l’autismo, ho pianto per quella che è sembrata un’eternità. Non riuscivo a immaginare come sarebbe stata la nostra vita. Ero sopraffatta dal dolore per quel bambino che sentivo di non aver mai avuto il permesso di avere. Dal dolore per quell’infanzia che credevo non avresti avuto e tremavo dalla paura per ciò che ti avrebbe portato l’età adulta”.
Tina si preoccupava di non poter accettare il figlio, così com’era, ma soprattutto del futuro brillante e sereno che, proprio al suo bambino, sembrava essere stato negato per sempre.
Le persone affette da questo handicap sono spesso, però, dotate di “un genio tutto loro”, da scoprire e coltivare, con l’aiuto delle persone più vicine. C’è un codice di accesso al loro mondo interiore e, trovarlo, permette di entrare nel loro piccolo universo. Ed è questo che, dopo un po’, Tina ha cominciato a capire.
“Quando sai che sono arrabbiata, vieni verso di me e mi dici: “Sorridi, mamma”. E io rido. E quando fai quelle domande che tutti i genitori odiano, tipo “Siamo arrivati?”, quando il motore non è ancora partito, devo sopprimere le risate. Mi illumino di orgoglio quando mi dici cosa stai facendo o mi fai domande con un senso. E lo faccio perché ho un barlume di normalità. Provo a non dirlo ad alta voce o a non caricarlo di troppa speranza, perché non so se si appianerà o se è davvero l’inizio di una curva dello sviluppo”.
Un bambino ha sempre bisogno della mamma, di quell’essere unico con cui crea, per tutta la vita, un legame indissolubile. Probabilmente, quello è un legame a doppio senso, perché nessuna madre può mai sottrarsi alla tenerezza si una creatura che ha bisogno, e tanto, solo di lei. Questo deve aver inteso Tina, con passare del tempo.
“La tua personalità brilla nonostante il tuo autismo e la tua capacità di amare e di far sorridere le persone mi rende orgogliosa. Ti prometto che combatterò ogni battaglia, per te. (…) La verità, Joseph, è che mi ci è voluto un po’ per innamorarmi di te e dopo tutto quello che hai dovuto affrontare in età così giovane, ho sentito il bisogno di proteggerti e di amarti in un modo che non avrei mai immaginato. Mi dispiace non averti amato dal primo momento in cui ho visto il suo viso ma, giorno dopo giorno, il mio amore per te è cresciuto e ora non ti amo solamente, ma ti adoro con ogni centimetro del mio cuore”.