In un momento storico in cui l’intolleranza dei fautori del “pensiero unico” cresce, la rivolta degli intellettuali diventa un caso storico.
Negli Stati Uniti la settimana scorsa c’è infatti stata una rivolta che ha fatto molto rumore, a livello internazionale. Questa potrebbe diventare vero e proprio simbolo del momento storico che stiamo vivendo. Il pensiero unico è un pensiero che tende a voler omologare l’intera società su posizioni a favore, ad esempio, dell’ideologia gender.
Contro questa concezione della società, e contro l’atteggiamento dei fautori di questo tipo di ideologia a voler chiudere la bocca a chi la pensa in maniera contraria da loro, si sono scagliati centocinquanta intellettuali. Tra i più autorevoli e conosciuti al mondo. Rappresentanti di una categoria spesso identificabile, nell’attuale periodo storico, in posizioni tutt’altro che diverse da quelle dominanti.
I firmatari hanno infatti metto il loro nome su un manifesto che chiede una cosa semplice: la libera circolazione di idee. Una tematica che anche in Italia è molto attuale. Ad esempio, con la discussione in Parlamento del Ddl Zan-Scalfarotto che vorrebbe mettere a tacere il libero pensiero che non si accoda alla propaganda pro-lgbt e pro-gender.
La missiva chiama in causa ogni genere di bavaglio, censura preventiva o gogna collettiva contro chi ha idee diverse dalle proprie. Atteggiamenti che, purtroppo, nella società della rete e dell’esplosione di opinioni, tendono a crescere ogni giorno. In maniera esponenziale.
E non a caso la stessa lettera, appena pubblicata, ha ricevuto le solite scontate reazioni di sdegno dalla rete. I firmatari della lettera considerano queste pubbliche censure e condanne come veri e propri veleni per la libera circolazione di idee. Specialmente in una società come quella democratica che ha fatto della libera espressione il proprio codice identificativo.
La discussione nata attorno a questa lettera perciò permette di cogliere appieno il clima culturale in cui stiamo vivendo. L’esplosione della cosiddetta “cancel culture”, ovvero di chi abbatte statue, vieta e modifica libri e opere culturali che hanno fatto la storia della nostra cultura, ne è la piena dimostrazione.
Le lotte per la giustizia sociale, negli Stati Uniti e in tutto il pianeta, si sono così pian piano trasformate in un nuovo giacobinismo che nega diritti di libertà espressiva e di libero pensiero, e in ultimo, accusa valori morali e tradizioni religiose. Manifestazioni nate con l’obiettivo presunto di difendere i diritti dei più deboli sempre più si stanno trasformando in cancellazione della libertà e della storia.
Gli intellettuali che hanno aderito alla lettera cercando di mediare il più possibile esponendo con una certa pacatezza le proprie idee sui rischi a cui la società globale nel suo complesso sta andando incontro. Cercando di smarcarsi anche da posizionamenti politici, ad esempio prendendo le distanze dall’attuale presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump.
Ma il messaggio è chiaro: chi pensa di modificare la realtà tappando la bocca a chi non la pensa come loro, è in realtà rappresentante di una nuova dittatura totalitaria a cui bisogna ribellarsi in ogni modo. Che in Italia si esprime con il Ddl Zan-Scalfarotto.
Tra i nomi, si leggono esponenti illustri. Il linguista Noam Chomsky o lo storico Francis Fukuyama. Il coreografo Bill T. Jones o il linguista Steven Pinker. La famosa scrittrice di Harry Potter JK Rowling, attaccata sul per avere espresso la sua posizione su una cultura intollerante che nega l’esistenza del sesso biologico, e persino la giornalista transgender Jennifer Finney Boylan. Alcuni, attaccati dalle critiche dopo avere pubblicato la lettera, non hanno retto la pressione e si sono sentiti in dovere di fare un passo indietro.
Il docente di legge di Stanford Richard Thompson Ford, commentando la sua adesione, ha spiegato di avere “assistito a troppi casi di feroci abbattimenti di persone che aveva espresso idee difendibili ma ideologicamente non ortodosse”. La lotta al conformismo e all’appiattimento generale del pensiero è perciò aperta.
In un Paese che ormai con sempre maggiore frequenza vede persone messe pesantemente alla gogna, o addirittura allontanate dal proprio posto di lavoro, solo per avere espressione opinioni ad esempio in difesa del sesso biologico. Il caporedattore del New York Times James Bennet, ad esempio, si è dovuto dimettere per avere pubblicato sul giornale un un commento del senatore repubblicano e conservatore Tom Cotton.
Lo stesso è accaduto a Ian Buruma, ex direttore del New York Review of Books, per avere pubblicato un intervento di un autore canadese accusato di aggressione sessuale, e in seguito assolto. Sempre più, insomma, nelle redazioni di giornali o nelle case editrice, ad esempio, si viene tagliati fuori solamente per avere dato un qualche spazio a tesi anche solo lontanamente controverse, o comunque contrario al pensiero comune oggi dominante.
Come scrive Pierluigi Battista sul Corriere della sera, si tratta di “una rivolta contro le intimidazioni, contro l’ondata censoria che rischia di sommergere non solo in America università e giornali, contro il ricatto morale di chi consiglia il silenzio e l’omertà sulle nuove e violente forme di intolleranza per non dare armi e pretesti a Trump”.
“Decine di scrittrici e scrittori, intellettuali, artisti dicono in un appello che la doverosa battaglia contro il razzismo e contro la politica del presidente degli Stati Uniti accomodante con i gruppi che del suprematismo bianco fanno una bandiera non può nascondere i pericoli di un nuovo fanatismo oramai sempre più spavaldo e prepotente, di una nuova ideologia manichea e brutalmente estremista che nel nome del Bene distrugge ogni opinione differente, ogni obiezione critica, ogni dissenso“, spiega lo scrittore.
“Il pensiero corre alla statua di Cristoforo Colombo abbattuta, a quelle di Abraham Lincoln, il presidente che ha abolito la vergogna della schiavitù, o di Winston Churchill, l’eroe della battaglia contro Hitler, cioè del vertice del razzismo, deturpate o vandalizzate”.
“Oppure al linciaggio cui è stata sottoposta JK Rowling, l’autrice di Harry Potter, indicata al ludibrio come persecutrice dei transgender per aver difeso il principio dell’identità biologica delle donne e soprattutto, questo è il punto, per essere intervenuta in difesa di una donna che aveva perso il posto di lavoro, licenziata in un attimo, per aver sostenuto analoghe opinioni”.
Che conclude spiegando che il futuro che ci aspetta può cambiare direzione. “Ora, con questo appello, per la prima volta gli intellettuali cercano di mettere un argine a questa deriva di intolleranza, con un gesto coraggioso di cui i firmatari sono pienamente coscienti, e infatti già si avvertono i primi segni di timide marce indietro per prevenire eventuali attacchi. È la prima volta, ma importante. Gli intolleranti potrebbero cominciare a non avere vita facile”.
Giovanni Bernardi
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