Non tutti sono concordi nell’indicare il periodo preciso in cui la Colombia è sprofondata in un baratro di violenza senza fine: secondo lo scrittore Gabriel Garcia Marquez il declino è cominciato nel ’28, anno in cui un gruppo di braccianti che lavorava in un campo di banani è stato massacrato. In realtà la violenza sistemica, la corruzione e la criminalità sono dilagate qualche anno più tardi con l’omicidio di Jorge Gaitan, assassinio che inaugurò l’epoca che i colombiani chiamarono ‘La Violencia’. Infine c’è che rintraccia l’origine delle disgrazie del paese sudamericano nell’1964, quando il governo operò una violentissima repressione per arginare la nascita di quelle organizzazioni che in veste ufficiale si occupavano “Auto-organizzazione agraria contadina”. E’ stato in quel momento che si sono organizzate le ‘Farc’ (esercito rivoluzionario che lottava per liberazione della Colombia) disarmate una volta per tutto solo il 27 giugno del 2017.
A partire dal 1964 la Colombia è entrata in uno stato perenne di guerra civile di cui Ingrid Betancourt (figlia dell’ex ministro dell’istruzione inviso alle Farc) è stata una delle vittime illustri. Ingrid è stata rapita dalle forze rivoluzionarie nel 2002, quando si è candidata al ruolo di presidente della Colombia, ed è stata liberata solamente nel 2008. Oggi l’ex senatrice racconta quella esperienza come testimonianza di un periodo che ha distrutto il suo paese e che può essere superato, a suo avviso, solo seguendo l’esempio portato da Papa Francesco (tornato da poco dal viaggio in sud America), per questo dice: “Sogno una Colombia con Dio: perché quella senza Dio è la Colombia che abbiamo conosciuto sin qui”.
Prima di parlare del futuro, però, l’ex senatrice parla della sua terrificante esperienza di rapimento, di quei giorni dice: “Non è stato facile”, poi racconta di quando ha provato a fuggire, poiché quel giorno ha sofferto più di tutti gli altri e ne spiega il motivo: “Nella foresta non ci sono bagni, ma quando chiesi al mio guardiano se poteva sciogliermi, per lasciarmi andare dietro un albero, come se andassi al bagno, lui mi rispose: ‘Quello che devi fare puoi farlo qui, davanti a me. Cagna’”. Ingrid ricorda di aver provato in quel momento un forte odio: “Ho sofferto per tanti anni, ma in quel momento, la risposta di quell’uomo, una risposta così inutile, così piena di odio, di malvagità, beh in quel momento ho sentito che volevo ucciderlo. Sì, mi sono detta che lo odiavo e volevo ucciderlo. È stata una decisione molto fredda. E questa sensazione, questo pensiero, questo desiderio è diventato un’ossessione per me, che mi ha riempita, quasi affogato. È durata per giorni, e mi chiedevo come potessi ucciderlo. Era così. Finché non ho capito che no, non era vero. Un giorno mi sono svegliata e mi sono detta che io non voglio ucciderlo. Questo è proprio quello che io non voglio. Io non voglio aver vissuto tutto quello che ho vissuto per finire col trasformarmi in un essere che odia, che desidera la morte dell’altro, assetata della morte dell’altro: non mi voglio convertire in quello che sono loro”.
La Betancourt è stata liberata nel 2008, ma porta ancora le cicatrici di quella lunga prigionia, ed oggi ne fa esperienza per proporre una Colombia diversa che sull’esempio del Papa può rinascere finalmente sotto un buon auspicio: “la visita di Papa Francesco ci sta ricordando le altre opzioni che abbiamo: possiamo vivere aggrappati alle nostre vendette, alle nostre leggi, ai nostri valori della guerra: ovviamente quando c’è la guerra uccidere è un valore. Chi uccide il nemico è un eroe. Ma è un errore. È un errore, perché mantiene l’essere umano incatenato ai suoi istinti e non alla sua umanità. Papa Francesco ci sta portando l’immagine di un’altra cosa: che possiamo essere persone libere, e quindi la riconciliazione non deve dipendere dall’altro, che ci deve chiedere perdono, ma da noi, dal fatto che noi stessi cerchiamo di incontrarci e liberarci dal danno che ci è stato fatto. In questo senso tutti noi colombiani e non sono quelli della guerriglia siamo chiamati a cambiare atteggiamento, noi siamo chiamati a incontrarci nella luce dell’umanità”.