Liliana Segre racconta come la Chiesa cercò di salvarla. Un momento estremamente doloroso della sua vita, riportato con la lucidità di sempre.
“La Segreteria di Stato Vaticana inviò un telegramma a Berlino per avere notizie mie e di mio padre”. Il racconto di Liliana Segre.
Liliana Segre: “Nel 1944, iniziò l’orrore”
Una donna che non ha mai smesso di raccontare l’orrore che ha vissuto, l’ha raccontato con la sua lucidità di sempre, con quella fermezza e quel coraggio che fa invidia a molti. Liliana Segre non ha mai smesso di farlo, in particolare nelle scuole e ai giovani, perché si comprenda l’orrore vissuto e perché, davvero, non accada mai più.
Il suo racconto parte da quel 30 gennaio 1944: “Io e mio padre fummo costretti a salire su quel treno alla stazione di Milano. Lì iniziò il nostro orrore” – ha raccontato la senatrice a vita.
I fratelli di sua madre sollecitarono le nunziature per avere loro notizie
Liliana racconta come suo padre, quando nel 1938 furono emanate le leggi razziali, non cerò subito di fuggire in un altro Paese. Ma nel 1943, una fuga fallita segnò il loro destino. Ma c’era qualcuno che, non voleva che Alberto e Liliana finissero nel campo di concentramento: erano i fratelli di sua madre. Dalla Svizzera, infatti, dove uno dei fratelli di sua madre, Oscar, era internato, “sollecitò la nunziatura apostolica a Berna, in contatto con gli ambienti ebraici e la Croce Rossa internazionale” – come racconta la Segre in un’intervista al Corriere.
Liliana Segre: “Monsignor Montini si interessò a noi”
La nunziatura apostolica di Berlino chiese specifiche notizie di Alberto e Liliana: “Per noi si mosse direttamente il Vaticano. Un telegramma del 23 agosto 1944, firmato dal sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Giovanni Battista Montini, il futuro Paolo VI […] è spedito al nunzio a Berlino: «Prego Eccellenza Vostra Reverendissima assumere notizie giovinetta Liliana Segre che pare trovasi campo di concentramento Pomerania Greifswald. Voglia V.E.R. prestare possibilmente assistenza”. Ma ciò che colpì e che non si fece cenno a suo padre.
Perché l’interessamento direttamente del futuro Papa, Paolo VI? “Probabilmente, grazie anche all’intervento dell’altro mio zio, Dario che nel 1937 si era convertito” – racconta la Segre.
Papa Pio XII volle conoscere la sua dolorosa esperienza
Grazie al Cardinal Montini, la nunziatura tedesca potè rivolgersi direttamente al Ministero degli Esteri tedesco. Ma, purtroppo, quando si trattava di ebrei, neanche la Chiesa poteva ricevere notizie. Una cosa è certa però: dopo la sua liberazione, Liliana fu ricevuta da Papa Pio XII, desideroso di conoscerla e di conoscere la sua terribile esperienza.
Quasi un segno di riconoscenza e ringraziamento per il suo estremo coraggio.
Per la notizia completa, leggi qui: Liliana Segre, quando il Vaticano cercò di venirle in soccorso
ROSALIA GIGLIANO
Fonte: corriere.it