Imprenditore italiano stanzia 50 mila euro per le nuove mamme della sua azienda.
Luigi, sposato, presidente di Eurointerim Spa, agenzia per il lavoro con 40 filiali sparse in tutto il Paese e 150 persone assunte, ha stanziato un fondo ad hoc di 50 mila euro per assicurare un incentivo allo stipendio delle dipendenti che tra il 2018 e il 2019 faranno figli.
L’iniziativa – come spiega il titolare – è nata attraverso la sua esperienza sul campo e la conseguente constatazione che le donne dopo la maternità, ritornano al loro impiego più sicure, felici e motivate, apportando una nuova energia di cui l’azienda beneficia in toto. La conclusione quindi è che fare figli fa bene alle donne e al lavoro. Sposato è promotore, oltre questa, di tutta una serie di iniziative aziendali che puntano a conciliare quanto più possibile i tempi tra la casa e il lavoro, al fine di poter migliorare la qualità di vita in entrambi i contesti e creare sinergia tra i due. Per esempio lo scorso mese di maggio i suoi dipendenti hanno rivenuto un premio aggiuntivo per il loro buon rendimento. pari al doppio dello stipendio mensile.
Una notizia che sorprende e non poco. Un datore di lavoro che arriva dove lo Stato manca e sopperisce ad uno Stato che non tutela e non incentiva in alcun modo la maternità anzi induce a sacrificarla e poi sentiamo alcuni commenti di politici e uomini di “cultura” preoccupati che l’Italia è un Paese con crescita zero dal punto di vista demografico (vedi Bonino, Boldrini, Saviano) ma di concreto non si fa nulla. Una notizia quella dell’imprenditore di Padova che infonde speranza, una mosca bianca in una società dove non mancano i casi di donne incinte costrette dal proprio datore di lavoro a versare all’azienda il proprio assegno di maternità o altrimenti a licenziarsi, com’è accaduto nel trevisano a una giovane apprendista di 25 anni.
Ma com’è possibile che le femministe che si sono battute per i diritti delle donne e hanno sostenuto grandi lotte, si siano fatte fregare sul primo diritto da difendere, il diritto alla libertà di essere donne, di non rinunciare alla nostra vera femminilità, capacità meravigliosa di aspettare una nuova vita umana?
La femminilità, che abbiamo distorto e confuso come sinonimo di sensualità, non si riduce come il mondo vuole indurci a credere, e ci sta riuscendo benissimo, ad una capacità seduttiva, esteriore della donna ma è qualcosa di molto più profondo che ha a che fare con la vocazione della donna a generare la vita.
Il femminismo che era partito con un buon intento, quello di riconoscere e far rispettare il valore della donna, si è poi ridotto a copiare il modello maschile, tra l’altro nei suoi lati peggiori, a indurre la donna a farsi simile all’uomo per poter competere nei vari ambiti, da quello familiare e lavorativo, a quello politico e sociale e, costringendo la donna ad adeguarsi ad un sistema maschile, adottando ritmi che non sono i suoi perché è inutile negarlo, Dio ci ha creati diversi, e non è una diversità che subordina uno all’altro ma una ricchezza da scoprire e valorizzare perché le donne e gli uomini possano completarsi e collaborare.
La pari dignità e l’uguaglianza dei diritti è sacro santa – Gesù è stato il primo ha innalzare la condizione della donna, tanto da includerla tra i suoi discepoli, cosa assolutamente inusuale a quell’epoca – ma non deve essere confusa con l’uguaglianza di genere perché è evidente che la donna e l’uomo sono differenti, hanno modi di pensare, di agire, esigenze diverse e negarle equivale a prendersi in giro, a mentirci e a costringersi in una parte che non ci soddisfa appieno e non ci rende felici.
Oggi vediamo come la donna è ingannata proprio in questa sua capacità unica di accogliere la vita, e viene indotta a rimandare o a rinunciare alla maternità che non si confà con un sistema adattato ai ritmi maschili e non a quelli femminili, perché è molto più comodo e meno dispendioso farsì che sia la donna ad adeguarsi e a rinunciare a se stessa investendo tutta la sua felicità nella carriera, nel successo e perdendo di vista ciò che la realizzi per davvero, per poi rendersi conto quando è tardi di essere stata tradita.
Un tempo non lontano, solo pochi decenni fa, le nostre nonne non erano libere di lavorare oggi le donne non sono più libere di non lavorare perché lo esige il sistema improntato e mirato solo alla produttività che elimina tutto ciò che lo rallenta. La società non tutela la vita dei più deboli ma piuttosto aiuta a sopprimerli – e chi c’è di più indifeso di un bimbo nella pancia della sua mamma dalla quale dipende in tutto e per tutto. Riflettiamo sul grande inganno dell’aborto – che secondo la legge 194 doveva essere applicato solo in casi estremi in cui la vita della madre era a rischio – oggi invece vediamo quanto è sempre più facile acquistando in farmacia la pillola cosiddetta del giorno dopo per cui non è neppure più richiesta la ricetta medica., con tutte le conseguenze nefaste che ne derivano per le donne e per i bambini vittime innocenti.
Se n’è resa conto Erika Bachiochi, una avvocatessa, e femminista atipica che in un commento alla Cnn. ammette di aver compreso dopo lunghe battaglie che l’aborto tradisce le donne perché non fa altro che deresponsabilizzare l’uomo che può fare sesso e andarsene via, cosa che fa sempre di più, e l‘unico modo per salvare la donna è ammettere la verità sulla differenza sessuale, questa bella verità e plasmare la società in modo da tutelare e mettere al primo posto la cura di chi cura i più vulnerabili.
E se provate a dire a una donna che soffre e non si da pace perché ha abortito che era un suo diritto, che la legge lo consente, bene questo non quieterà la sua anima afflitta, perché non c’è verità, perché è stata ingannata. E non dimentichiamo che non tutto ciò che la legge approva è giusto, basta pensare alle leggi raziali che autorizzarono il genocidio perpetrato dalla Germania nazista e dai suoi alleati nei confronti degli ebrei in Europa e lo sterminio di tutte le persone ritenute “indesiderabili” dai nazisti per motivi politici o razziali.
Il male sa che se frega la donna, frega tutti. Ecco allora oggi più che mai l’esigenza di aprire gli occhi e riscoprire la bellezza della vocazione a cui la donna è chiamata e del bene che può fare ritrovandosi, prima di tutto a se stessa, e poi intorno a lei. La nuova sfida di oggi è lottare per essere libere di essere donne, è l’ora di esigere di più, molto di più.