Alla cerimonia dei premi Nobel del 2010, un posto rimase tristemente vuoto. Apparteneva a Liu Xiaobo, un poeta cinese che, per i suoi scritti, era stato imprigionato, detenuto fino alla morte, sopraggiunta lo scorso 13 Luglio.
Il motivo della condanna a 11 anni di carcere, fu l’aver pubblicato delle opere di denuncia, contro il severo e dittatoriale regime di Stato, ossia l’ “incitamento alla sovversione del potere dello Stato”.
Al signor Liu fu addirittura vietato di scrivere una giustificazione pubblica per la sua assenza alla cerimonia, destando l’attenzione di molti e divenendo, da allora, il simbolo della lotta pacifica per i diritti umani in Cina.
Oggi lo possiamo soltanto omaggiare, ricordando un uomo che ha cercato, fino all’ultimo respiro, di mantenere viva la memoria dei tragici momenti del 4 Giugno 1989, quando, in piazza Tienanmen, furono uccisi giovani e studenti che chiedevano libertà.
Voleva parlare dei sopravvissuti alla strage, per questo, ogni anno, Liu, in concomitanza con quella data, creava il suo poema alla memoria, un grido disperato e soffocato che descriveva il sangue versato, il dolore delle madri e di chi soccombe e tutti i giorni è sottomesso.
Denunciava il potere e suo l’abuso, i tanti connazionali che si erano venduti, in cambio di una comoda ed agiata vita, i responsabili dell’eccidio, pilotati dai comunisti: “Perché sono i silenziosi nessuno ad aver pagato con la loro vita il prezzo più alto, coloro che non possono più raccontare ciò che è accaduto, mentre l’élite privilegiata dei fortunati sopravvissuti ha il potere di parlarne e riparlarne senza sosta?”.
Liu ha speso tutta la sua vita per chiedere attenzione e rispetto per i diritti di tutti; il premio Nobel che si era meritato e la maniera in cui gli è stato negato sono sintomo di un male che invade una Nazione, la Cina, che non concede libertà e troppe volte mortifica anche i convertiti al cristianesimo e i loro ministri.
“ … chi ha fuggito la libertà vive ancora, ma la sua anima è morta nel terrore. Chi brama la libertà è morto, ma la sua anima vive nella rivolta.”.
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