Papa Francesco batte un colpo contro il politically correct e l’ideologia gender. “Non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione”: così il Pontefice a pochi giorni dall’approdo in Aula del ddl sulle unioni civili. Nelle stesse ore in cui il Papa pronunciava questo inequivocabile monito alla coscienza degli italiani, Matteo Renzi ha invece battuto un colpo laicista: “Per il Pd la riforma è irrinviabile”. Il premier ha in questo modo messo sull’avviso i catto-dem del suo partito.
La discussione sul ddl Cirinnà, in corso al Senato proprio in questi giorni, sta infuocando il febbraio italiano, che solitamente è un mese gelido e noioso. Il contrasto non si vive solo a Palazzo Madama, dove i senatori delle opposte fazioni si apostrofano l’un l’altro, ma nelle piazze ormai virtuali che sono i social network. La materia scalda le tastiere non solo perché la famiglia è un tema che riguarda tutti, ma perché in gioco è la definizione stessa di un valore che sta alla base della nostra convivenza civile.
Non entro nel merito del testo, piuttosto mi limito a constatare che in questo Paese tutti possono esprimere i propri “two cents”, ma quando ciò accade per bocca di un membro della Chiesa Cattolica la notizia provoca uno snow ball effect mediatico. Ovviamente faccio riferimento alle parole del presidente della Cei Angelo Bagnasco, che ha dichiarato: “Ci auguriamo tutti che il dibattito in Parlamento e nelle varie sedi istituzionali sia ampiamente democratico, che tutti possano esprimersi e vedere considerate le loro obiezioni e che la libertà di coscienza di ciascuno su temi così delicati e fondamentali per la vita della società e delle persone sia non solo rispettata ma anche promossa con con una votazione a scrutinio segreto”.
Queste parole, che sembrano esprimere in maniera piuttosto pacata un’indicazione di metodo – il rispetto della libertà di coscienza – hanno provocato l’immediata reazione del mondo politico e lo sdegno di parte dell’opinione pubblica, anche quella che si ritiene “liberale”. E via libera dunque a chi brandisce il motto di cavouriana memoria “libera Chiesa in libero Stato”, a chi auspica “10, 100, 1000 Porta Pia”, a chi rinvanga preti pedofili, inquisizione, e chi più ne ha più ne metta.
Curioso notare come proprio chi difende la libertà come valore assoluto si irrigidisca nel sentire espresse le altrui posizioni. Nessun problema dunque se i nastrini arcobaleno di Sanremo finiscono sulle tavole di dieci milioni di italiani che vorrebbero solo ascoltare della buona musica. Non ci scandalizziamo se la comunicazione radiotelevisiva è palesemente di parte, e spesso tutta tesa a ridicolizzare chi difende la famiglia e il matrimonio. Niente da evidenziare, d’altro canto, se centinaia tra giuristi, avvocati e docenti universitari contestano la liceità del provvedimento.
Ma se, come sostenete, amate la Costituzione e vi tatuereste l’articolo 21,permetteteci almeno di potere esprimere liberamente e pubblicamente la nostra opinione, tollerando il fato che il dissenso è la cartina tornasole della libertà d’espressione. “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. (Art.21, Costituzione della Repubblica Italiana).
http://www.huffingtonpost.it/antonio-grizzuti/se-siamo-un-paese-libero-bagnasco-puo-dire-cio-che-vuole_b_9218296.html?ncid=fcbklnkithpmg00000001
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