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L’Ora santa di Gesù: III. “Amatevi l’un l’altro come Io vi ho amato”

Gesù nell’orto degli ulivi. Fotogramma tratto dal film “The passion of the Christ” di Mel Gibson.

Continuiamo la presentazione dell’Ora santa dettata da Gesù alla mistica cattolica Maria Valtorta. Per una introduzione all’Ora santa rimando al mio primo articolo della serie L’Ora Santa di Gesù.
Durante la lettura dell’Ora santa, consiglio di ascoltare il canto della tradizione liturgica della Chiesa cristiano Ortodossa georgiana დავიღალე, მოდი ჩემთან (transl.: “davighale, modi chemtan”; it: “Sono stanco, vieni a me Signore”). È una lunga litania nella quale, con una melodia che facilita la concentrazione, viene ripetuta una unica strofa: “Sono stanco, vieni a me Signore”.

 

III. “Amatevi l’un l’altro come Io vi ho amato”

“Amatevi l’un l’altro come Io vi ho amato”[1].

Dalla cuna alla croce. Da Betlem al monte Oliveto, vi ho amati.

Il freddo e la miseria della prima mia notte nel mondo non mi ha impedito di amarvi collo spirito mio e, annichilendo Me stesso sino a non poter dirvi, Io Verbo: “Vi amo”, vi ho detto quelle parole con lo spirito mio, inscindibile da quello del Padre e con Esso operante in una attività inesausta.

L’agonia della mia ultima notte sulla Terra non mi ha impedito di amarvi. Anzi ha toccato le vette più alte dell’amore. Anzi ha arso nell’incendio più vivo. Anzi ha consumato tutto quanto non era amore sino a spremere, insieme al ribrezzo per il peccato e al dolore del paterno abbandono, il sangue dalle mie vene.

Quale amore più grande di quello che sa amare sapendosi odiato? Io vi ho amato così. Il primo gesto delle mie mani, una carezza. L’ultimo, una benedizione. E in mezzo a questi due gesti, nato il primo nel buio di una notte d’inverno, l’ultimo nello splendore di un ardente mattino d’estate, trentatré anni di gesti di amore, rispondenti ad altrettanti moti di amore. Amore di miracoli, amore di carezze ai pargoli e agli amici, amore di maestro, amore di benefattore, amore di amico, amore, amore, amore…

E amore più che umano nell’ultima Cena. Prima d’essere legate e trafitte, queste mie mani hanno lavato i piedi degli apostoli, anche di colui al quale avrei voluto lavare il cuore, ed hanno spezzato il pane. E mi spezzavano il Cuore con quel pane. Quello vi davo. Perché sapevo prossimo il mio ritorno al Cielo e non volevo lasciarvi soli. Perché sapevo come siete facili a dimenticarvi e volevo vi vedeste, fratelli seduti ad un unico desco, intorno alla mia mensa, per dirvi l’un l’altro: “Siamo di Gesù!”.

Quale amore più grande di quello che sa amare chi lo tortura? Eppure Io vi ho amato così. E per voi ho saputo pregare mentre morivo.

Amatevi come Io vi ho amato. L’odio estingue la luce. Anche il semplice astio offusca la pace. Dio è pace, è luce, perché Dio è amore. Ma se non amate, e amate come Io vi ho amati, non potrete avere Dio.

Come Io vi ho amati. Per ciò senza superbie. Da questo tabernacolo, da questa croce, da questo Cuore non escono che parole di umiltà. Sono Dio e sono Servo vostro, e sto qui in attesa che mi diciate: “Ho fame” per darmi Pane a voi. Sono Dio e mi espongo ai vostri occhi su un legno che era patibolo infame, nudo e maledetto. Sono Dio e vi prego di amare il mio Cuore. Vi prego. Per amore vostro, perché se mi amate fate del bene a voi. Io sono Dio. Con o senza il vostro amore sono sempre Dio. Ma voi no. Senza il mio amore siete nulla: polvere.

Io vi voglio con Me. Vi voglio qui. Voglio, della vostra polvere, fare una luce di beatitudine. Voglio che non moriate. Ma viviate, perché Io sono Vita e voglio che voi abbiate la Vita.

Amatevi senza egoismi. Sarebbe un amore impuro, destinato a morire di malattia. Amatevi volendo per gli altri più bene di quello che non augurate a voi. È molto difficile. Lo so. Ma vedete questo eucaristico Pane? Esso ha fatto i martiri. Erano creature come voi: paurose, deboli, viziose anche. Questo Pane ne ha fatto degli eroi.

Nel primo punto vi ho indicato il mio Sangue per vostra purificazione. Al terzo punto, per fare di voi dei santi, vi indico questa Mensa e questo Pane. Il Sangue da peccatori vi ha fatto giusti. Il Pane da giusti vi fa santi. Un bagno monda ma non nutre. Rinfresca, ristora, ma non si fa carne nella carne. Il cibo diviene sangue e carne, diviene voi stessi. Il mio Cibo diviene voi stessi.

Oh! pensate! Guardate un piccolo bambino. Oggi mangia il suo pane e domani ancora e poi domani, e domani, e domani. Eccolo che si fa uomo: alto robusto, bello. È sua mamma che l’ha fatto così? No. Sua madre l’ha concepito, portato, dato alla luce, allattato e amato, amato, amato. Ma il piccolino, se dopo il latte non avesse avuto altro che bagni, baci e amore, sarebbe perito di inedia. Quel piccolo si fa uomo per il cibo da adulto che prende. Quell’uomo è tale perché prende giornalmente il suo cibo.

Lo stesso è per il vostro io spirituale. Nutritelo del Cibo vero che dal Cielo discende e che dal Cielo vi porta tutte le energie per farvi virili nella Grazia. La virilità sana e forte è sempre buona. Guardate come è più facile vedere uno, malazzato, essere aspro e senza compatimento e pazienza. Il mio Cibo vi farà sani e forti nella virilità dello spirito, e saprete amare gli altri più di voi stessi, come Io vi ho amato.

Perché, guardate, figli, Io vi ho amato non come uno ama se stesso. Ma più di Me stesso. Tanto che mi sono posto a morte per salvare voi dalla morte. Se amerete così, conoscerete Dio. Sapete cosa vuol dire conoscere Dio? Vuol dire sapere il gusto della vera Gioia, della vera Pace, della vera Amicizia.

Oh! L’Amicizia, la Pace, la Gioia di Dio! È premio promesso ai beati. Ma esso è già dato a chi ama sulla Terra con tutto se stesso.

L’amore, per essere vero, non è di parole. È di fatti. Attivo come la sua fonte che è Dio. Né mai si stanca di operare neppure per delusioni che vengono dai fratelli. Povero quell’amore che cade come uccello dalle ali deboli quando un ostacolo lo ferisce! Il vero amore, anche se ferito, sale. Con l’unghia e col becco si arrampica, se più non può volare, per non giacere nell’ombra e nel gelo, per essere nel sole, medicina di ogni male. E appena rinvigorito ecco che riprende il volo. E va da Dio ai fratelli e da questi a Dio, angelica farfalla che porta i pollini dei celesti giardini per fecondare i terrestri fiori, e porta i profumi, rapiti ai più umili fiori, a Dio perché li accolga e li benedica.

Ma guai se si allontana dal sole. Il Sole è la mia Eucarestia, perché in Essa è benedicente il Padre, amante lo Spirito, mentre Io, il Verbo, opero.

Venite e prendete. Questo è il Cibo che ardentemente chiedo sia consumato da voi. »

Continua…

Flaviano Patrizi


Note

[1] Giovanni 13,34.

Flaviano Patrizi

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Flaviano Patrizi

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