Il secondo libro di Lorenzo Amurri ‘Perché non lo portate a Lourdes?‘, è un lavoro molto diverso rispetto al primo libro pubblicato, si tratta di road book della speranza in cui l’autore racconta il proprio viaggio verso il santuario della Madonna attraverso gli occhi e le storie delle persone che ha incontrato. L’idea di un simile viaggio e del successivo libro nasce dall’incontro casuale di una donna ad una cena alla quale lo scrittore era stato invitato come uno dei cinque candidati al premio strega per il suo primo lavoro (Apnea). In quella occasione, una signora, spinta da una genuina fede, aveva detto ad uno degli invitati: “Perché non lo accompagnano a Lourdes?”. Quella domanda è stata riferita ad Amurri, il quale non ci ha pensato un secondo prima di dire: “Perché no?” e di organizzare il suo prossimo viaggio al santuario con l’Unitalsi (l’Unione Nazionale Trasporto Ammalati a Lourdes e Santuari Internazionali).
Intervistato sul suo ultimo libro da ‘Repubblica‘, lo scrittore confessa: “Io non sono un uomo di fede, sono partito pronto anche a un crollo totale delle mie certezze, pronto anche a credere”, spiegando che nessun tipo di pregiudizio o secondo fine lo ha accompagnato nella scelta di vivere questa esperienza e che era pronto sin dal primo istante a sovvertire tutte le proprie certezze. Il libro, infatti, è la descrizione di un paese in cui la fede non solo esiste ma è il centro della vita, lo si nota da come ogni angolo parli di Dio e della Madonna, ma lo si nota sopratutto dagli sguardi dei presenti, persone che convivono con un dolore ed una solitudine che Lorenzo conosce bene, che tracimano speranza e fede.
Analizzando quell’esperienza da un punto di vista puramente umano, Amurri concede a Lourdes il merito di consegnare ai pellegrini una parentesi dalla vita di tutti giorni, un luogo franco in cui sentirsi per una volta uguali a tutti gli altri: “Quella solitudine che conosco bene anch’io, e che spesso riesco ad apprezzare, ma che a volte mi stritola lo stomaco e mi lascia in silenzio per giorni. Quella solitudine impossibile da condividere, perché scolpita su diversità particolari che ci rendono unici anche di fronte ai nostri simili. Mettendo per un attimo da parte religione, fede e miracoli, forse, per loro, è stata una parentesi felice, un momento di condivisione, di divertimento senza le barriere della diversità, un sentirsi liberi da cappi esistenziali, lontani dalla noia di giorni che scorrono sempre uguali. Forse è questo il vero miracolo che avviene a Lourdes”.
Il viaggio non ha concesso a Lorenzo un miracolo, ma gli ha fornito sia le stesse emozioni che provava quando con gli amici si organizzava per andare ad un concerto (la musica era la sua grande ambizione e la sua massima aspirazione) sia la consapevolezza che Lourdes non è solo un luogo di fede, ma un posto in cui onestà, gentilezza e umanità prendono il posto della freddezza e del cinismo che connotano solitamente il mondo, un posto in cui anche chi è diverso riesce a sentirsi accettato e ben voluto. Il merito di tutto questo è dei volontari, i quali spendono parte del loro tempo e del loro denaro per dare una mano a chi ne ha bisogno, ed infatti l’autore dice: “Incontro piccoli gruppi di volontari che tornano nei rispettivi alberghi. Sono loro il motore positivo del pellegrinaggio. Si pagano viaggio e permanenza di tasca propria, faticano tutto il giorno scarrozzando persone in giro e assolvendo i vari servizi assegnati, e la sera, nonostante la stanchezza, trovano la forza per portarti al pub. Sempre molto disponibili e con un sincero sorriso stampato sul viso”.
Luca Scapatello
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