Morire per una “battaglia di civiltà” Sono state queste le parole con le quali Lorenzo Orsetti è partito per combattere contro l’Isis.
Aveva rilasciato molte interviste nelle quali affermava questo suo slogan, a discapito dell’Isis che, dopo la sua morte, lo definisce un crociato italiano.
Lorenzo Orsetti era convinto di ciò che andava a fare, consapevole anche del fatto che sarebbe anche potuto morire lì. Ma la sua era una battaglia convinta: “Anche se, a livello di armi, l’ISIS è stato sconfitto, c’è ancora il mondo dei bambini, delle loro mamme e di tutti coloro che allo stato islamico si oppongono, che continua a morire e soffrire”, dichiarava in un’intervista alla radio.
Sentiva muoversi dentro di se qualcosa Lorenzo, tanto da lasciare la famiglia e la sua professione di cuoco per partire: era una vera e propria crociata la sua. Era un volontario dell’Ypg nelle fila delle milizie curde in Siria, principali avversarie dell’Isis. E, come tutti gli altri combattenti, anche lui aveva scelto un soprannome: il lottatore, accanto all’altro, Orso.
Non era facile accettare la sua scelta e, spesso, lo dichiarava anche nelle lettere che scriveva ai suoi familiari, l’ultima datata solo 11 marzo scorso: “Posso augurarvi tutto il bene di questo mondo e spero che anche voi, un giorno, dedichiate la vostra vita per il prossimo”, scriveva.
E Lorenzo ha adempiuto a pieno uno dei comandamenti di Gesù: “Ama il prossimo tuo come te stesso”, offrendo la sua stessa vita per salvare donne e bambini in Siria.
ROSALIA GIGLIANO
FONTE: ansa.it
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