Mons. Giovanni Suarez vescovo di Coimbra nel Portogallo, uomo non meno in pietà, che in dottrina singolare, nel 1561 dovendo portarsi in Trento al Concilio, venne a visitare la S. Casa. Soddisfatta la divozione, ricercò una pietra delle Sacre Mura per spedirla in Portogallo, e qual reliquia collocarla in una cappella da dedicarsi nella sua diocesi alla Gran Madre di Dio.
Avvertito della scomunica nella quale incorreva chiunque avesse tolta qualche cosa delle Sacre Mura, senza replica si ripose in viaggio.
Giunto in Trento ottenne segretamente dal Pontefice Pio IV un Breve con il quale gli si concedeva il bramato intento.
Spedì subito con questo a Loreto Francesco Stella Senese, suo cappellano. Quivi egli giunto non trovò alcuno dei sacerdoti ministri, né alcun altro, il quale ardisse dalle Sante Pareti estrar la pietra, talmente che per soddisfare al Padrone, egli stesso fu necessitato di estrarla alla presenza di molta gente mal soddisfatta. Dopo un lungo, e disastroso viaggio in cui più di una volta ebbe a lasciar la vita, giunto in Trento, consegnò al Vescovo la pietra estratta dalle Sacre Mura, che racchiusa in una cassa d’argento, sperava in breve spedirla a Coimbra.
Fu immediatamente assalito da febbre e da dolori acerbissimi che non permettevagli alcuna requie, nemmen col sonno. Dopo moltissimi rimedi, tutti inutili, convengono i Professori che il male non sia naturale e conseguentemente di alcun profitto la loro arte. Così abbandonato dai Medici il povero Prelato, oltre i dolori del corpo, gli si aggiungono timori ed inquietudini d’animo, che lo riducono all’estremo di sua vita.
In tale sato ridotto dagli umani soccorsi, esperimentati inutili, si passa ai divini, i quali non furono pochi in tanti Padri, ed anime buone ivi adunate in quel tempo. Particolarmente fu fatto raccomandare alle orazioni, e digiuni di due Monasteri di Religione celebri per Santità. Dopo due giorni la Superiora di ciascun Monastero, fra loro assai lontano, manda al Vescovo questa concorde risposta: che se egli voleva ricuperare la salute, rimandasse alla Madonna di Loreto la sua pietra.
Stupefatto egli nisieme col Stella, poiché fuori di loro due era la pietra a tutti ignota, nè in alcuna maniera potea sapersi in Trento, riconobbe la cagione del suo male, e di vero cuore a Dio ed alla Vergine chiese perdono, e spedì subito lo stesso Stella a Loreto colla pietra, per farne prontissima restituzione.
Il viaggio fu tutt’affatto diverso dal primo, cioé questo felice e breve. Giunto appena in Loerto fu dal Clero e dal Popolo si locale che forastiere, tutti brillanti di divozione e di gioia, processionalmente incontrata la sacra reliquia e ricevuta con sacra pompa, fu ricollocata al suo luogo. Ed acciocché in avvenire fosse riconosciuta, per memoria le fu posto attorno una piccola lama di ferro.
Confrontato poi il tempo e l’ora in cui fu riposta al suo luogo la pietra colla perfetta guarigione del vescovo, fu trovata essere accaduta nello stesso momento.
Lo Stella fece in Loreto l’esposizione del fatto: e il Vescovo ristabilito già in perfetta salute, mandò lettera al Governatore della Santa Casa di proprio pugno, e questo mandolla allo stesso Pontefice Pio IV. La copia di questa lettera in carta pergamena con cornice di legno dorato si conserva nella Santa Casa entro l’Armario delle Sante Scudelle vicino all’Altare a cornu evangelii: e la detta pietra si fa osservare ai Pellegrini e divoti nel sacro muro a mezzogiorno (foto), vicino al piccolo vuoto, ove si tengono l’ampolline per servizio delle Messe (guardando l’altare sulla parete di destra, più vicino all’altare che alla porta, n.d.c.).
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