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Lumini perpetui al cimitero: sono uno spreco inutile? Ecco una risposta esaustiva

L’antica usanza che avviene nei nostri cimiteri fa sorgere ad alcuni dei dubbi, ad esempio riguardo un impiego diverso dei soldi necessari per mantenerle accese. La risposta però va cercata a un livello diverso da quello prettamente materiale. 

In molti cimiteri, infatti, nei due giorni dedicati a tutti i santi e ai morti c’è l’usanza di installare sulle tombe e vicino ai loculi delle lucine a forma di croce, cuore e ovale.

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Queste hanno dei costi, tutto sommato, molto ridotti. Si parla di una decina di euro circa, per la precisione dai 7 ai 12 euro. Alcuni però fanno notare che nei loculi c’è già quasi sempre una luce perpetua, e i più dubbiosi e scettici talvolta sostengono che si potrebbero usare i costi di queste lucine per azioni di beneficienza o filantropiche.

La tesi che talvolta fa storcere il naso

La tesi più comune è che, in questo modo, si eviterebbe uno spreco di energia. E si dice che c’è già chi, autonomamente, ha deciso di risparmiare sul costo di queste lucine per impiegarle in altra maniera, che potrebbe essere sostenendo una missione, un’associazione, una parrocchia. 

Tuttavia, appare purtroppo molto riduttivo, e forse anche triste, pensare di ridurre tutto a un livello materiale ed economico della questione. La domanda è apparsa nei giorni scorsi sulla rivista Famiglia Cristiana, il direttore Don Antonio Rizzolo ha risposto al lettore spiegando perché pensare la questione in termini economici è piuttosto riduttiva.

L’usanza di accendere una luce accanto ai sepolcri, infatti, spiega Rizzolo, “è presente fin dall’antichità”. Questo perché fin da allora per i cristiani quella piccola luce possiede un significato molto importante, e niente affatto piccolo. “Indicava che il defunto era vissuto nella luce della fede e si invocava, come si recita nell’Eterno riposo, che su di lui splendesse la «luce perpetua», la luce di Dio, la luce della risurrezione”.

Qual è il vero significato dell’illuminazione nei cimiteri

Non è insomma una piccola motivazione, quella che vi è dietro l’illuminazione dei loculi dei nostri cari. Illuminazione che però è cambiata con l’arrivo dell’elettricità nei cimiteri, che ha portato la luce naturale di una fiammella o di una candela a diventare elettronica e perpetua. Tuttavia, una cosa è chiara e su questa non vi è molto di cui discutere. 

“La tradizione di accendere le luci per i propri familiari defunti si si situa nello stesso solco di rispetto per il defunto da parte dei familiari e anche come segno di affetto che tiene legati nella comunione dei santi”. C’è tuttavia un distinguo da fare. “Al di là dello spreco energetico (ce ne sono di ben peggiori), il vero problema è l’ostentazione, l’esagerazione puramente esteriore”.

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Purtroppo, infatti, anche l’ostentazione nei cimiteri può rischiare di fare emergere una sorta di vanità, o ancora peggio “il tentativo di rimediare al bene che non si è voluto in vita al proprio caro”. Così la risposta è chiara e coglie qual è, in ogni caso, il modo migliore per onorare la memoria dei nostri cari.

“Il modo migliore per onorare i nostri defunti sia la preghiera per loro e con loro, per chiederne l’intercessione, e soprattutto la partecipazione alla Messa, che unisce la Chiesa terrena all’assemblea dei santi nel Cielo. Inoltre, per ricordare i nostri cari, non dobbiamo trascurare le opere di bene. Da fare in loro memoria o per tener viva la loro presenza imitandone le virtù e gli esempi”.

Giovanni Bernardi

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Giovanni Bernardi

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