A Perugia si venera una reliquia davvero straordinaria. Tra apparizioni furti e rimproveri, cos’è e come è arrivato lì quel Sacro Anello.
Secondo la tradizione, la Vergine avrebbe consegnato l’Anello, in quarzo calcedonio, all’apostolo Giovanni poco prima di morire. Tuttavia, l’origine del posizionamento dell’Anello nella Cattedrale di Perugia riporta secondo alcuni all’anno 989 d.C., secondo altri al 983.
In ogni caso, il fatto risale al momento in cui il marchese di Toscana Ugo comprò da un mercante ebreo di Roma delle gemme per la moglie, che era parente dell’Imperatore Ottone III. Tra queste gemme, il mercante gli lasciò in dono anche il prezioso Anello, che finì in mano all’orafo Anerio.
Al mercante era infatti apparsa in sogno la Madonna, rimproverandolo del fatto che quel monile era il suo anello nuziale, e che quindi non lo stava tenendo nella giusta considerazione. Dopo quell’evento, il mercante ebreo desiderava ardentemente cederlo perché ormai quell’anello gli provocava un forte tormento.
Dopo che la Vergine gli era apparsa in sogno, infatti, anche la sua fede stava vacillando. Perciò il consiglio che lasciò ad Ainerio fu quello di tenere l’anello con grande considerazione e con la venerazione che meritava.
L’orafo però non credeva alla storia che gli era stata raccontata, pensando che fosse uno stratagemma per vendergli l’Anello, e che di conseguenza non fosse autentico. Portò il monile a Chiusi e lo ripose nella cripta di famiglia ma si dimenticò presto delle raccomandazioni dell’ebreo.
Il giorno in cui morì il suo unico figlio però, alcuni anni dopo, dovette ricredersi. Nella bara, infatti, all’improvviso il morto si alzò in piedi dal suo giaciglio, facendogli lo stesso rimprovero che la Madonna aveva fatto al mercante. Il defunto lo rimproverò pesantemente di avere abbandonato quella reliquia di tale importanza.
Mentre accompagnava alla tomba l’unico figlio, deceduto prematuramente, vide il defunto alzarsi dalla tomba e rivolgergli un severo monito per aver abbandonato una reliquia così preziosa.
L’orafo Ainerio volle allora riparare alle proprie mancanze e, ottenuta l’inconfutabile prova dell’autenticità dell’anello, per riparare ai propri errori lo donò al monastero locale della città di Chiusi, il convento di Santa Mustiola. Affinché, da quel momento, tutti potessero onorare il mistico oggetto. Ben presto gli abitanti di Chiusi decise di onorarlo con una festa apposita.
Nel 1437 però un fraticello tedesco, il monaco Vinterio da Magonza, rubò la reliquia con l’obiettivo di portarla in Germania. Fra Vinterio conosceva infatti a menadito la leggenda dell’Anello, verso cui aveva grande rispetto e anche forte timore nel maneggiarlo.
Sapeva bene che tutte le persone che in passato avevano abusato di quel monile furono punite. Una contessa che desiderava indossarlo, ad esempio, finì con il dito paralizzato, risanato solo dopo la richiesta di perdono alla Vergine che la guarì.
In quei giorni a Chiusi molte persone stavano tornando dal Perdono di Assisi, e non trovarono più il sacro oggetto, che ormai era finito nella borsa del frate. L’ostensione annuale del 3 agosto, la festa cittadina più importante dell’anno, non si poté celebrare.
Fra Vinterio era persuaso del fatto che i chiusini, che si erano comportati male verso di lui accusandolo del furto di alcuni calici e arrestandolo per quaranta giorni con i ceppi ai piedi e le mani incatenate, non meritavano di possedere quell’Anello. Il frate era stato torturano per un reato non commesso.
L’uomo perciò si introdusse in chiesa, con una copia contraffatta delle chiavi, e prelevò l’Anello dallo scrigno, avvolgendolo in un pezzo di seta e allontanandosi dopo esserselo infilato in borsa. Dopo sei giorni era partito per Assisi, lasciando scoprire agli abitanti del furto.
Mentre il frate era in fuga, all’improvviso scese su di lui una fitta nebbia. Disorientato, chiese alla Vergine di indicargli la strada, e si ritrovò nella città vicina di Perugia. A quel punto pensò di rivolgersi a un vecchio conoscente, a casa di cui trascorre la notte. Durante quella notte cominciò a pentirsi del suo gesto, e decise di consegnare la reliquia al Comune.
Inizialmente, al Palazzo dei Priori tutti furono molto increduli sull’autenticità dell’Anello, ben noto a tutti, ma che nessuno aveva mai visto da vicino. Ben presto però arrivò la notizia da Chiusi, e le autorità locali capirono allora che si trattava del vero Anello.
Presero allora l’Anello dal frate, donando in cambio duecento fiorini all’amico del frate che decise di consegnarlo al Comune. Cifra che all’epoca rappresenta un vitalizio per lui e i suoi figli fino alla terza generazione.
Nel frattempo, il ladro fra Vinterio venne catturato e messo in carcere, dove confessò tutto l’accaduto. A causa di quanto era successo, scoppiò una violenta guerra con la città di Chiusi, che venne rinominata appunto la Guerra dell’Anello.
Dopo avere appreso tutto l’accaduto, Papa Sisto IV decise di risolvere la questione concedendo la benedizione a Perugia, e autorizzandone l’ostensione ufficiale. Fu così che avvenne la prima celebrazione il 15 agosto, ricorrenza dell’Assunzione della Vergine, in una cattedrale gremita di devoti commossi e gioiosi.
Oggi l’Anello continua ad essere venerato tre volte l’anno all’interno della Cattedrale di Perugia. Nelle date del 29 e 30 luglio e del 12 settembre, infatti, ha luogo la celebrazione della cerimonia della Calata dell’Anello, che per l’occasione viene appunto calato dal soffitto del duomo.
Il Santo Anello rappresenta perciò ancora oggi uno straordinario ponte tra la religiosità ufficiale e la devozione popolare. Più volte la città di Perugia ha infatti invocato la misericordia della Vergine, chiedendole di scongiurare calamità naturali o invasioni nemiche attraverso la celebrazione di Ostensioni straordinarie della reliquia.
In ogni epoca numerosi pellegrini si sono recati, e continuano quindi a farlo, di fronte alla sacra reliquia per chiedere guarigione e grazie a diverse malattie, in particolare quelle legate agli occhi.
Giovanni Bernardi
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