La Madonna del Carmelo di Mesagne si è fatta protettrice dei cittadini durante tre eventi di grave portata.
La ricorrenza mariana del 20 febbraio è fortemente sentita da tutta la popolazione. In questa data la cittadina di Mesagne festeggia la sua protettrice, ricordando il miracolo avvenuto durante il luttuoso evento del terremoto del 20 febbraio 1743.
La Vergine salvò la popolazione dal terremoto
Nel 1743 tre terribili scosse di terremoto colpirono l’intero Salento e l’antica Messapia. In tale occasione tutto il Salento tremò per più di un quarto d’ora, la città di Nardò venne rasa al suolo e migliaia di persone perdono la vita tra le macerie. Tuttavia, in quella terribile data a a Mesagne non vi furono vittime.
Si mossero i palazzi, il campanile della chiesa fu vicino dal toccare una colonna allora distante una decina di metri, e che oggi è nella villa comunale. Nonostante ciò, a Mesagne non vi furono vittime e i mesagnesi attribuirono lo scampato pericolo e la loro salvezza alla Vergine del Carmelo, venerata all’interno del Santuario del Carmine.
Il popolo si riunì per ringraziare la Vergine della loro salvezza
Subito i cittadini vi si riunirono nel santuario al fine di ringraziare Maria per la loro salvezza, raccogliendosi in preghiera di fronte al suo simulacro, prima di condurlo in processione nel centro storico, fino alla Chiesa Madre. Così a partire dall’anno seguente, e da lì in poi per ogni anno, a Mesagne si celebrano per tradizione e fede le lodi alla Vergine, in concomitanza con la data del prodigio.
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La congregazione dei riti di Roma riconobbe ufficialmente il miracolo il 27 aprile 1743. In questo modo si segnò in maniera indelebile la vicenda di una cittadina che si è costruita attorno alla fede e alla chiesa principale, da cui poi si sono avuti riflessi nell’architettura, nell’arte, nei riti, nei simboli.
Insomma, da allora il legame della popolazione con la Madonna permea tutti gli aspetti della vita culturale e sociale, sfidando i secoli e rimanendo ancora oggi punto di riferimento e di speranza per tanti.
Giovanni Bernardi