Sono i Carmelitani Scalzi e l’Arciconfraternita della “Madonna delle Galline” ad occuparsi, dal venerdì dell’Ottava di Pasqua al lunedì successivo, dell’evento religioso di Pagani (Sa).
La devozione alla “Madonna delle Galline” ha origini molto antiche e suggestive e racconta di apparizioni singolari. Si narra che, nel XVI secolo, in una chiesa di montagna a Tramonti, ci fosse una raffigurazione lignea della Madonna del Carmine. Una notte la Mamma Celeste apparve in sogno al sacrestano, chiedendogli di farsi portavoce, presso le autorità religiose del luogo, e di far ricostruire la Chiesa, altrimenti lei l’avrebbe abbandonata.
Il sacrestano fu ignorato e allora un forte temporale, cui fece seguito un fiume di fango, portò verso il territorio di Pagani, a valle, le sacra effige. Ad un gruppo di galline starnazzanti si riconobbe il merito di aver ritrovato la tavola e dato l’allarme, perché venisse recuperata.
Da li nacque la venerazione a quel luogo sacro, oggi un Santuario, che racconta diversi miracoli di guarigione. Nel sogno, la Madonna aveva detto al sacrestano che si sarebbe recata in un luogo dove persino le galline l’avrebbero amata!
Nel 1787, grazie al Vescovo Benedetto dei Monti Sanfelice, si incoronò la “Madonna delle Galline”, come protettrice degli abitanti di Pagani. Ogni anno, alle 18:00, le celebrazioni hanno inizio con l’apertura della porta del Santuario che, per l’allestimento del trono della Vergine, rimane chiuso dal giorno di Pasqua. All’interno del Santuario verrà svelata ai fedeli la statua della Madonna, fatta costruire per le processioni e celata tutto l’anno (tranne l’ultima settimana di Settembre in cui ricorre l’anniversario dell’incoronazione), mentre l’effige originale è sempre visibile e venerabile sull’altare.
La Domenica in Albis poi, una processione porta la statua su un carro, ora motorizzato, ma un tempo spinto a mani nude dai fedeli, a piazza Corpo di Gesù, dove viene celebrata la Messa, presieduta dal Vescovo. Mentre la Madre attraversa le vie del paese, sostando, di tanto in tanto in stazioni votivamente addobbate, la musica tradizionale e i canti religiosi accompagnano la folla, che porta in dono galline e altri volatili, torte dolci o salate, poggiandole sul carro.
Dopo la Messa, la processione riprende tornando al Santuario, dove si conclude il rito religioso col canto del Magnificat. Dal venerdì sera, fino all’alba del lunedì, per tre giorni e tre notti, alcuni fedelissimi suonano, cantano e ballano, ininterrottamente, la “tammurriata”, una musica popolare con tamburi (tammurri) e nacchere (castagnette).
Il lunedì gli strumenti vengono deposti ai piedi delle statua, in Chiesa, in segno di sottomissione e ringraziamento. Senza mai voltare le spalle all’altare, poi, i musicisti lasciano il Santuario, accompagnati dal canto “Madonna de la Grazia”.
Antonella Sanicanti
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