La Madonna del Sangue di Re sconvolse tutti dopo la violenza di un giovane del posto. Per giorni il popolo si radunò di fronte a lei invocando misericordia.
Nel tardo pomeriggio di martedì 29 aprile 1494, un’ora prima del tramonto, accadde un fatto straordinario che segnò per sempre questa incredibile devozione.
Di fronte alla facciata della chiesa parrocchiale, nella piazzetta antistante, si stava giocando alla “piodella”. Il gioco consisteva in questo: sopra un recipiente capovolto a forma di bicchiere, detto “mago”, ogni giocatore poneva la sua moneta. Una volta riposte le monete, da lontano ognuno tirava la sua piodella di sasso a forma piatta per colpire il bersaglio.
Chi si avvicinava di più ai soldi, sparpagliati dal lancio della piodella, era il vincitore e si portava via il premio. In quella giornata apparentemente comune si erano sfidati a questo gioco due cugini di Londrago, Giovanni Zucono, soprannominato “Zuccone”, e Comolo, insieme ad altri amici.
Giovanni aveva un carattere molto impulsivo, da cui si originava il suo soprannome, e in Valle molti lo conoscevano per alcune delle sue continue bravate, spesso compiute da “alticcio”. Giovani, per non aver azzeccato il colpo vincente, scagliò con rabbia la piodella contro l’immagine della Madonna dipinta sulla facciata della chiesa.
Si trattava di una immagina raffigurante la Madonna del latte, di stile romanico, seduta sopra un trono. Nell’effige Maria con la mano sinistra tiene sulle ginocchia il Bambino che sta succhiando dal seno scoperto. Mentre invece un ampio velo scuro copre il capo e la parte alta della fronte della Madonna, per scendere fino ai gomiti, costellato da cerchietti raggianti contenenti una crocetta stilizzata.
Intorno al capo di Maria, l’ampia aureola è messa in evidenza da un bordo segnato da punti neri, sopra il suo sguardo estremamente dolce, mentre mostra con la mano destra un mazzetto di rose. L’affresco risale alla fine del trecento e il suo significato teologico riporta alla definizione del dogma fondamentale della teologia mariana, stabilito nel Concilio di Efeso del 431. Vale a dire la divina maternità verginale di Maria.
Il gesto sacrilego compiuto dallo Zuccone verso questa immagine, però, gli costò molto caro. Colpì la Madonna in mezzo alla fronte, e la piodella non scavò l’intonaco dell’affresco ma segnò una frattura a forma di croce. Il cugino subito lo rimproverò con ardore, e presto lo Zuccone si pentì e chiese perdono. Poi, impaurito, fuggì con l’amico.
In quella stessa notte due passanti, Giovanni di Minola e Antonio Ardizio di Craveggia, notano con grande stupore uno strano chiarore proveniente dal porticato della chiesa come se ci fosse una candela accesa. Colti dallo spavento subito si allontanano dal luogo, non capendo cosa stesse accadendo.
La mattina seguente il sacrestano Stefano di Gisla, come ogni giorno, andò ad aprire la chiesa, dentro cui però vide una donna bianco vestita, inginocchiata davanti all’immagine della Madonna. Non le diede molto peso, così entrò a suonare l’Ave Maria. Uscendo, però, non vide più la donna e non si accorse di nulla rispetto a quanto era accaduto al dipinto.
Il primo a rendersi conto del prodigio fu un vecchieto, Bartolomeo di Leone di Re, che era abituato a farsi il segno della croce ogni volta che passava davanti all’immagine, che toccava con una mano. Appena la vide sporca di sangue ritrasse la mano sconvolto. Un rigagnolo sgorgava dalla ferita della fronte insanguinando il volto della Madonna e del Bambino e tutta l’immagine fino a terra.
Subito l’anziano signore cominciò a gridare: “Misericordia, misericordia”. Si precipitò a chiamare il parroco. Tutti in pochissimo tempo vennero a conoscenza della notizia e accorsero persone da ogni paese. Ma l’effusione di sangue continuava imperterrita e la folla continuava a implorare gridando: “Misericordia, misericordia!”.
Dopo la mezzanotte il fiotto di sangue cresce e gocciola fino a terra. Il profumo che emana il dipinto è però talmente soave e dolce che era “impossibile a descriversi”. Il sangue sul pavimento viene tamponato con panni bianchi, così a un certo punto il parroco lo raccolse in una tovaglia d’altare che ripose in un calice.
Per venti giorni il sangue continuò a fuoriuscire dal dipinto, fino al 18 maggio, in maniera intermittente ma allo stesso tempo sempre meno abbondante, come se si trattasse di una ferita che a poco a poco si rimargina. Ogni emissione di sangue veniva annunciata con le campane, e il popolo accorreva giorno e notte senza sosta.
Alla fine del miracolo, l’immagine della Madonna venne protetta attraverso la costruzione, tutto attorno, di una cappella, edificata abbattendo il portico della chiesa parrocchiale e prolungando quest’ultima verso la facciata.
I significati attribuiti a questo evento sono stati diversi, molti hanno pensato a un segno premonitore, quindi ai flagelli e alle guerre che travolsero il Ducato di Milano a iniziare dal tradimento dei mercenari svizzeri, nel 1500, ai danni di Ludovico il Moro fino alla sconfitta del re Francesco I di Francia per mano dell’esercito di Carlo V a Pavia nel 1525.
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La Madonna infatti chiamava i peccatori alla penitenza proprio in vista delle calamità che di lì a poco sarebbero accadute. Tuttavia molti storici videro in questo avvenimento anche un segno e un richiamo alla speranza che sgorga da una madre che invita i suoi figli, in queste vallate e in tutto il mondo, a sopportare il dolore e la violenza con serenità perché da lei saranno protetti in ogni momento, e grazie a lei il dolore non potrà nulla perché diventerà salvezza e anticipo della vita eterna.
Giovanni Bernardi
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