Questo curioso caso di maternità surrogata si è verificato in America.
E’ sbagliato che una coppia cerchi si sfruttare la tecnologia odierna per ottenere un figlio quando è uno dei due componenti è infertile? Questa domanda nasce dalla possibilità offerta dall’inseminazione artificiale per le coppie eterosessuali già diversi anni fa. Il dubbio etico in questo caso è legato esclusivamente dal fatto che avere un figlio proprio, derivante ovvero dai propri geni e frutto dell’amore della coppia, venga considerata una necessità. Già in questi casi ci si domanda se non sia più sano chiedere in adozione un bambino, i cui genitori sono fatalmente scomparsi o hanno deciso di non occuparsi del figlio. Domanda che sorge al di là della questione etico religiosa legata al destino scritto da Dio e forzato dalla scienza.
Veniamo ai giorni nostri in cui le pratiche di fertilizzazione ed impianto si sono talmente evolute da permettere l’introduzione di ovuli fecondati all’interno di un terzo soggetto. Tale pratica, chiamata maternità surrogata, permette anche alle coppie omosessuali di avere figlio con il proprio corredo genetico (Non solo per loro, anche per chi, come Cristiano Ronaldo, desidera non avere legami con la madre del figlio). Per le donne tale processo non è necessario, visto che una delle due si può offrire come ospite del feto e deve trovare esclusivamente un donatore di seme che fecondi le proprie ovaie (fecondazione assistita). Per gli uomini, invece, il discorso si fa più complesso, poiché, non potendo portare avanti una gravidanza, devono coinvolgere una donna, la quale deve condurre una gravidanza e far crescere un bambino per 9 mesi per poi distaccarsene. Il tutto è reso eticamente più controverso, dal fatto che la donna in questione è spinta al concedere tale “favore” dietro compenso economico.
Tali possibilità ci hanno condotto al caso di Elliot Dougherty, un ragazzo omosessuale di 29 anni che insieme al compagno Matthew desiderava avere un figlio proprio. La coppia omosessuale era alla ricerca di una donna che accettasse di fare da ospite ad un ovulo fecondato con il seme di Elliot. Un giorno, mentre i due ne parlavano, si è offerta come ospite del feto la madre di Elliot, Cecile Eledge: donna all’epoca 60enne ed in menopausa da 10 anni. Inizialmente i due giovani credevano che scherzasse, ma quando hanno capito che era sincera, hanno accettato la proposta e trovato nella sorella di Matthew, Lea (26 anni), la donatrice di ovuli.
La storia di mutuo aiuto di questa famiglia allargata e moderna ha convinto la dottoressa Carolyn Maud Dougherty ad aiutarli in tutto il processo. Dopo nove mesi Cecile ha dato alla luce Uma, bimba che adesso vivrà con due padri e che verrà informata del fatto di avere due madri: la zia e la nonna. La notizia è stata diffusa sul web come un successo delle moderne tecnologie mediche e tutti hanno festeggiato l’arrivo nel mondo della piccola Uma. Pur non potendoci discostare dalla felicità per l’arrivo di una nuova vita, i dubbi etici su tutto il processo rimangono.
E’ giusto aver sottoposto una donna di 60 anni ad un processo ormonale che avrebbe potuto ucciderla o causare danni di salute per un desiderio egoistico? I protagonisti di questa vicenda hanno pensato a come crescerà questa bambina in un simile contesto? Le coppie omosessuali sostengono il loro diritto ad avere dei figli basandosi sul ragionamento che l’amore verso di loro sia la caratteristica fondamentale di un genitore al di là del sesso o dell’orientamento sessuale, giusto! Ma allora perché non si può riversare questo amore per migliorare la vita ad un bambino orfano?
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Luca Scapatello
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