Dopo la morte di Maradona, l’Equipe ha titolato nientemeno che “Dieu est mort”. Al di là dell’interno folcloristico, il titolo cela una realtà idolatrica.
Il quotidiano sportivo francese ha infatti lanciato la notizia con un piglio piuttosto colorito, che però a molti cattolici ha fatto storcere il naso, apparendo al limite della blasfemia. In questi giorni, infatti, abbiamo visto numerose ricostruzioni che sono spinte nel presentare la figura di Maradona quasi come una sorta di dio in terra. Nonostante, purtroppo, la sua vita tormentata.
Violenze, evasione fiscale, carcere, tossicodipendenza hanno segnato duramente la vita del campione argentino, che tuttavia è riuscito a instaurare con il popolo napoletano un legame, fin da subito, idilliaco. Lasciando aperte le porte a una vera e propria venerazione idolatrica. Per molti, è stato però proprio questo il vero scoglio che il calciatore napoletano non è riuscito a superare.
“Povero, vecchio Diego. Abbiamo continuato a dirgli per tanti anni “Sei un dio”, “Sei una stella”, e ci siamo scordati di dirgli la cosa più importante: “Sei un uomo”“, ha commentato amaramente l’ex campione del Mondo della Nazionale argentina, Jorge Valdano.
Maradona, infatti, era certamente un fuoriclasse del pallone. Ma a un certo punto si è trovato a dovere gestire in personaggio che era diventato un vero e proprio mito. Diego riusciva a portare gioia alla popolazione napoletana, che si identificava in lui e veniva trascinata dalle sue vittorie sul campo calcistico.
E i napoletani, si sa, sono un popolo meraviglioso, fatto di grande passione, di calore umano, che ama il folclore e l’amore disinteressato. Che ha amato Diego anche per via dei suoi eccessi, sognanti sul campo, un po’ meno fuori dal rettangolo verde. Gli stessi eccessi, però, a Napoli si sono visti replicare per le strade cittadine.
Basta pensare all’altarino ancora situato a due due passi dalla Cappella San Severo, la stessa che custodisce la meravigliosa scultura del Cristo Velato di Giuseppe Sanmartino, in cui Maradona viene venerata come se fosse una divinità pagana. Oppure, all’edicola votiva in suo onore in piazzetta Nilo, vicino all’omonimo bar.
E che dire degli striscioni con su scritto “che vi siete persi” affisso fuori dal cimitero di Napoli, corredata dalla frase rimasta segnata sul muro esterno, il giorno dopo la vittoria di Maradona e compagni del primo scudetto.
In tutto ciò, tuttavia, non bisogna dimenticarsi che il popolo napoletano non ha mai perso la fede popolare. Per questo non bisognerebbe dimenticarsi di collocare il campione argentino all’interno di questo contesto, come ha spiegato il teologo dell’Università Cattolica Argentina, l’arcivescovo di La Plata mons. Víctor Manuel Fernández.
“È stato molto apprezzato soprattutto dagli umili, perché rappresenta chi si è fatto avanti con fatica”, ha infatti commentato il religioso al Sir. “Ha raggiunto un posto importante, ma senza perdere la cultura popolare da cui proveniva, senza allontanarsi dai suoi soliti amici, senza negare la sua umile origine o nasconderla”.
Nonostante le uscite negative, tra cui le scorribande notturne in compagnia persino dei camorristi, che si farà a meno di ricordare, Maradona è infatti rimasto legato a quella “fede popolare che sua madre gli ha trasmesso e non ha mai negato quella fede dei semplici”, ha spiegato il teologo. “Ecco perché spesso si faceva il segno della croce, chiedeva aiuto alla Vergine, parlava di Dio senza vergogna”.
O come testimoniato dalla sua visita al Santuario di Lourdes il 26 ottobre 1989, accompagnato dal sindaco dell’epoca Philippe Douste-Blazy. Il campione argentino infatti, in quella data, lasciò per pochi giorni la città di Napoli per onorare una promessa fatta in precedenza alla moglie Claudia. Le aveva infatti assicurato che si sarebbe recato al santuario di Lourdes per ringraziare la Vergine della nascita della loro figlia, chiamata proprio per questa ragione Dalma-Lourdes.
Il che dimostra come la sua fede, al di là dei suoi eccessi, era una fede sincera, popolare, innestata nella grande devozione mariana presente in America Latina. La stessa fede di quel “Popolo di Dio” che Papa Francesco ha elevato, in diversi suoi scritti e discorsi, a categoria mistica. Quando Maradona arrivò nella grotta di Lourdes, tuttavia, i pellegrini cominciarono ad accalcarsi attorno a lui per parlarci, per toccarlo o farsi fotografare con lui. Impedendo di fatto il suo accesso alla grotta.
Solo la moglie, nuovamente incinta, riuscì ad arrivare nella grotta insieme alla figlia per fare una preghiera. Fuori, Diego, doveva combattere contro il peso della celebrità, e si accontentò di tornare in aeroporto con due due taniche piene di acqua della grotta, che non mancò di riportare a Napoli. Un caso più che emblematico di ciò che ha rappresentato la popolarità di Maradona per la sua stessa condizione di vita.
Maradona era perciò una persona ammirata probabilmente perché autentica, nonostante le contraddizioni che fanno inevitabilmente parte del genere umano. E guai se non fosse così. “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori“, dice Gesù nel Vangelo di Matteo (9, 12).
Non sappiamo quindi se Maradona sia stato un giusto o meno, e non sta di certo agli uomini giudicare. Sappiamo però che la misericordia del Signore è sconfinata, ed è in questo contesto che andrebbe inquadrata la morte del calciatore argentino. Un quadro ben distante da idolatrie, o blasfemie, tristemente osservate in questi giorni.
Forse dovute al fatto che, nella società in cui oggi tutti viviamo, eccessi, scorrettezze, fragilità, diventano persino una nota di merito, piuttosto che una condizione da redimere, di cui pentirsi e fare ammenda. Maradona, nella sua vita, sacrificò molto sull’altare della perdizione, dalla vita privata agli affetti, al denaro, oltre che la salute. Purtroppo anche la sua stessa vita, però, è stata a sua volta sacrificata sull’altare dei media, dello spettacolo e dell’intrattenimento sportivo.
Ed è proprio questo che lo ha reso, agli occhi di molti, quasi un mito. Più crescevano risse, alterchi, insulti, più Maradona veniva idolatrato, tanto che per la contemporaneità il genio sembra essere fatto anche di questo. La virtù dei giusti, ormai, è infatti spesso classificata a mediocrità. E quello che oggi resta del campione è il dolore per la scomparsa di un uomo che, alla fine, ha portato tanta felicità a molti. Come alle persone che in questi giorni in Argentina sono scese in piazza a pregare per Diego.
“Viviamo un profondo dolore che solo Dio può capire e la Vergine può accompagnare. Preghiamo, piangiamo e stiamo in silenzio”, ha commentato da villa La Matanza, nella diocesi di San Justo, don Gustavo García. Anche il cardinale Sepe ha “condiviso la tristezza e il dolore delle tantissime persone che a Napoli e nel mondo, per le strade o nel chiuso delle proprie abitazioni, sono rimaste incredule e umanamente colpite”.
Sepe ha spiegato di avere “ricordato nelle sue preghiere e nella Messa, affidando l’anima del famoso defunto a Dio Misericordioso”. Nell’offuscamento dei valori, nella scomparsa della virtù, nel confinamento della fede, il rischio è quello di innalzare idoli che rappresentino le proprie bassezze. Preghiamo il Signore perché accolga Maradona nel Regno dei Cieli, ricordando a tutta l’umanità quale sia la strada per la Salvezza.
Giovanni Bernardi
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