“Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno.”, dice Gesù in uno dei suoi insegnamenti. E come potremmo dargli torto?
Ci capita spessissimo di dire quella parola in più, che scatena un litigio; che ci fa apparire come non vorremmo; che ci fa tirar fuori quella battutaccia inopportuna, che vorremmo tanto non aver mai detto.
Invece, anche se verba volant, le parole arrivano lo stesso al nostro interlocutori, agli amici, ai familiari, al capo o ai nostri alunni e finiamo per far passare un messaggio non opportuno, solo per non aver dato tempo alle parole di essere soppesate dal cuore, prima di uscire dalla bocca.
Prendiamo allora in prestito le invocazioni di Don Tonino Bello a Maria, unico esempio di giusta misura in tutte le cose; Lei che, pur stringendo tra le braccia il miracolo del Dio fattosi uomo, sapeva restare in ascolto: “Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.”
Fa’ che le nostre labbra rechino il profumo del silenzio.
Santa Maria, donna senza retorica, prega noi, inguaribilmente malati di magniloquenza.
Abili nell’usare la parola per nascondere i pensieri, più che per rivelarli, abbiamo perso il gusto della semplicità. Convinti che per affermarsi nella vita bisogna saper parlare, anche quando non sia nulla da dire, siamo diventati prolissi e incontinenti. Esperti nel tessere ragnatele di vocaboli sui crateri del non senso, precipitiamo spesso nelle trappole nere dell’assurdo, come mosche nel calamaio. Incapaci di andare al centro delle cose, ci siamo creati un’anima barocca, che adopera i vocaboli come fossero stucchi e aggiriamo i problemi con le volute delle nostre furbizie letterarie.
Santa Maria, donna senza retorica, prega per noi peccatori, sulle cui labbra la parola si sfarina in un turbine di suoni senza costrutto. Si sfalda in 1000 squame di accenti disperati. Si fa voce, ma senza farsi mai carne. Ci riempie la bocca, ma lascia vuoto il grembo. Ci dà l’illusione della comunione, ma non raggiunge neppure la dignità del soliloquio.
E anche dopo che ne abbiamo pronunciate tante perfino con eleganza e a getto continuo, ci lascia nella pena di una indicibile aridità: come mascheroni di certe fontane che non danno più acqua e sul cui volto era rimasta soltanto la contrazione del ghigno.
Santa Maria, donna senza retorica, la cui sovrumana grandezza è sospesa al rapidissimo fremito di un fiat, prega per noi peccatori, perennemente esposti, tra convalescenze e ricadute,
all’intossicazione di parole.
Proteggi le nostre labbra da gonfiori inutili. Fa che le nostre voci, ridotte all’essenziale, partano sempre dai recinti del mistero e rechino il profumo del silenzio. Rendici come te, sacramento della trasparenza. E aiutaci, finalmente, perché nella brevità di un sì detto a Dio, “ci sia dolce naufragare”: come in un mare sterminato. Amen.