“Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi.”.
Questo passo del Vangelo di Luca, che ricordiamo tutti per il differente comportamento delle due sorelle di Lazzaro nei confronti di Gesù, ci offre uno spaccato, della vita umana del Cristo, molto casalingo -se così si può dire.
Lo spiega benissimo la riflessione di una lettrice, che immagina quel Gesù venire a visitare casa nostra, come farebbe un amico di famiglia, in un giorno qualunque, quando siamo ancora indaffarati e stanchi per la giornata passata. E’, quella che segue, una riflessione molto toccante che sottolinea come la presenza di Cristo nella nostra vita sia costante. A noi il compito di scorgerla in chi bussa alla porta.
“Gesù a casa mia? A me viene in mente mio marito che torna a casa stanco dal lavoro: non è forse accogliere Gesù? Stirare le magliette ai figli che appena tornati scappano di nuovo fuori casa con gli amici, non è accogliere Gesù? Trovare degli amici in casa tornando dal lavoro, non riempie di gioia sapendo che il Volto di Cristo passa attraverso di loro?
Certo, Cristo in casa nostra lo accogliamo ogni giorno, dalla preghiera del mattino fino all’ultima lavatrice della sera. Consapevoli? Non sempre e non in ogni istante, ma con il desiderio di accoglierlo quando un amico ti aiuta a far memoria della presenza di Cristo che ci cammina accanto e ci sorregge. Maria seduta ai piedi di Gesù sembra ricordare a Marta il perché del suo da fare. Lavorare facendo memoria diventa un lavorare lieto, anche nella fatica. Ricordo una parola ascoltata in una conferenza via internet, “contemplAttiva”: metà Marta e metà Maria, anzi… Marta con l’atteggiamento, il cuore e lo sguardo di Maria.
Ho ancora negli occhi (e nel cellulare) la foto di quella celletta del Convento di San Marco a Firenze con l’affresco di Marta e Maria e nello sfondo gli apostoli con Gesù nell’orto degli ulivi. Uno lavora, ma il cuore è con Gesù, o almeno dovrebbe esserlo. Non so se, trovando a casa mia Gesù risorto gli farei domande, di sicuro mi verrebbe da abbracciarlo, anche se con molto timore e tremore, magari gli sfiorerei solo il mantello dicendo un timido grazie, lacrimando. Non credo riuscirei a parlare.
Comunque non serve fantasticare, ma stare al reale, a tutte le volte che quotidianamente Cristo ci fa visita. Che bellezza e che gratitudine. Oggi come allora, siamo suoi amici, come lo erano Marta e Maria e di questo siamo grati e debitori di una grande grazia. La sua è un’amicizia fedele, un’amicizia che infiamma e trascina, che non lascia indifferenti, travolge ogni circostanza, persino il modo di far vacanza e di lavorare.
Possiamo discutere e avere mille domande da porre a Gesù, dai fatti personali alle tragedie del mondo, come quella di Nizza, eppure non è delle risposte che abbiamo bisogno, ma della Sua presenza, del suo abbraccio, delle Sue ferite che ci salvano per sempre. Abbiamo bisogno che la nostra vita abbia come orizzonte l’eternità, la felicità che dura per sempre e che nessun attentatore può togliere.
Abbiamo una grande speranza, una speranza certa, quella speranza che Marta e Maria hanno sperimentato in casa loro più di duemila anni fa e che continua a persistere. Lavorare? Contemplare? Guardando Cristo e muovendoci per Lui siamo certi della felicità. Il mondo, noi, abbiamo questa grande speranza.”.