Matteo malato terminale la vita è bella, diceva ai suoi compagni

 

Matteo Farina aveva delle potenzialità infinite che gli avrebbero permesso di diventare qualunque cosa avesse desiderato: eccellente in matematica e fisica era anche portato per le materie letterarie, fuori dall’ambito scolastico era il leader di una band di cui era il frontman ed il cantante ed all’occasione anche il chitarrista ed il bassista (strumenti che riusciva a suonare con la medesima bravura), inoltre eccelleva anche in campo sportivo, capace com’era di districarsi al meglio in più sport.

Con queste caratteristiche a 19 anni hai solo un mondo di possibilità che ti si dipana di fronte, ma, purtroppo, un male troppo difficile da battere non gli ha permesso di svilupparne nessuna. Poco prima che compiesse 18 anni, Matteo si è dovuto confrontare con un tumore al cervello, negli anni successivi la sua lotta si è combattuta tra sale operatorie e letto della sua camera, ma nonostante i 4 interventi a vincere è stato il tumore.

Da quando è morto i suoi sostenitori sono aumentati giorno dopo giorno su gruppi Facebook e gruppi Instagram in cui si chiedeva di fare diventare Matteo un Santo, si un Santo perché questo ragazzo dotato di talento infinito, oltre ad eccellere in ogni campo della vita, era anche un convinto sostenitore della Religione e giorno dopo giorno provava a portare il messaggio di Dio tra i suoi coetanei in quella che lui stesso definiva la sua missione.

Proprio in questi giorni il processo ecclesiastico per fare di Matteo il primo Santo salentino (il ragazzo era nato ad Avellino ma era cresciuto a Brindisi) si sta svolgendo con data di conclusione fissata per il 27 aprile 2017

In attesa che il processo di beatificazione si concluda, la ‘Repubblica’ ha intervistato il preside della scuola dove Matteo studiava, questo ne parla come di un ragazzo eccezionale che, nonostante la malattia, riusciva a comunicare una serenità fuori dal comune, secondo lui il ragazzo aveva tutte le caratteristiche per essere considerato un vincente: “Era molto severo, con sé stesso e con gli altri. Ma nessuno lo ha mai preso in giro. Era un leader, gli altri ragazzi lo percepivano come la guida della classe, della scuola”.

Quando poi gli viene chiesto se avesse mai provato imbarazzo per la condizione di salute di Matteo, il preside risponde che ogni tanto gli è capitato di sentirsi a disagio per come affrontava un evento così traumatico, ma poi aggiunge che il suo modo di rapportarsi cancellava ogni differenza e sensazione di disagio. Quando poi gli viene chiesto se pensava che potesse divenire Santo questo risponde:

“Le racconto un aneddoto. Negli ultimi mesi di vita la scuola organizzò una festa in occasione del suo ritorno da Hannover: fu l’ultimo intervento e lui era già sulla sedia a rotelle. Festeggiammo tutti insieme. Alla fine della festa lo accompagnai fuori, rimanemmo da soli. Sapevo che non l’avrei rivisto, lo sentivo. Mi disse: ‘Preside, farai grandi cose. Vai avanti e non avere mai paura”. Fu profetico. La digitalizzazione della scuola all’epoca non era ancora partita. Mi ricordo quella scena come fosse ieri. Fu profetico”.

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