Parla Mattia, il “paziente uno”. “Mi sento fortunato, la vita è imprevedibile”

Quello che per tutta la prima fase dell’epidemia è stato considerato come il paziente uno, ho raccontato pubblicamente la sua esperienza, dando testimonianza della sua versione dei fatti.

Mattia, il “paziente uno” di Codogno – Foto: skytg24

Si chiama Mattia Mestri, e ai microfoni di  Sky TG24 si è lasciando andare raccontando per filo e per segno tutte le sue sensazioni relative al suo vissuto, quello che per mesi lo ha segnato come il paziente uno italiano, tra i contagiati del coronavirus.

Parla Mattia, il “paziente uno” di Codogno

“Ho scoperto di essere il paziente 1 solo una volta che ho preso in mano il mio smartphone. È lì che ho capito cosa fosse successo e cosa stesse ancora accadendo”, ha detto Mattia. “Fino ad allora sapevo solo che ero stato ricoverato per una polmonite. Era ciò che mi avevano detto. Ma confesso che non mi pesa essere chiamato paziente uno”.

La sostanza tuttavia di quanto è successo, per Mattia, è molto distante da quanto raccontato inizialmente. “Sono il paziente che è stato certificato per primo. Non penso proprio di essere il paziente numero 1″, spiega.

La difficoltà di capire dove ci si infetta

Mattia ha provato in più modi a capire dove si è infettato e come. Tutto sommato, non è possibile per lui risalire all’accaduto. Il virus è un male tanto insidioso quanto misterioso, difficile da conoscere e ancora più da identificare.

“Ho pensato molto dove possa aver preso il virus ma non ho la benché minima idea di questo dove possa essere accaduto”, risponde Mattia. “Sia io che mia moglie nelle nostre ricostruzioni non siamo venuti a capo di un possibile punto di inizio. E non c’entra nulla neppure il mio amico tornato dalla Cina“.

Una normale domenica sera

L’esperienza di Mattia con il coronavirus comincia una normale domenica sera. “Mi sentivo un po’ debole e avevo la febbre un po’ alta”, racconta. “Pian piano è aumentata e allora sono andato al pronto soccorso. Le analisi hanno detto che era una lieve polmonite e mi è stato suggerito di curarla a casa, in quanto nei soggetti giovani è una pratica che viene svolta così”.

Al ritorno a casa però la febbre aumenta, e Mattia ritorna al pronto soccorso. L’influenza non si ferma ma anzi aumenta. Così il paziente uno finisce in terapia intensiva. “Ma fino a quel momento nessuno sapeva dirmi nulla”, racconta.

La totale ignoranza del Paese su quanto stava per accadere

Prima di raccontare un aneddoto di quello che il nostro Paese stava vivendo in quel momento. Ovvero una totale ignoranza di quello che sarebbe successo di lì a poco. E quindi, inevitabilmente, anche di incuranza per le precauzioni necessarie a combattere il virus.

“Se penso oggi a un episodio capitato durante il mio secondo ricovero sorrido. Chiedo ad un operatore sanitario se potesse essere un caso di coronavirus e in dialetto mi risponde ‘il coronavirus Cudogn ‘ Ensa’ nianche addu sta’ che significa il coronavirus non sa neanche dove sia di casa Codogno’ e invece siamo stati l’inizio di tutto”, racconta.

L’isolamente totale all’interno della struttura ospedaliera

Mattia ha spiegato durante l’intervista di essere stato per tutto il tempo più che salvaguardato all’interno dell’ospedale, dentro il quale gli era impossibile avere contatti con il mondo esterno. Le uniche persone con le quali interagiva erano infermieri, medici e operatori sanitari, e per alcuni giorni non ha avuto alcuna informazione sui propri familiari.

La sua permanenza in ospedale era del tutto rivolta al recupero delle forze perdute con la malattia. Lo stesso di suo padre, che se è andato proprio per via del coronavirus. “L’ho saputo mezza giornata prima che se ne andasse”, spiega. “Solo dopo aver avuto il telefono, parlando con mia madre, ho saputo che era grave e dopo mezza giornata, il 19 marzo nel giorno della festa del papà lui se n’è andato”.

La morte del Papà e la nascita della piccola Giulia

Nel frattempo, dopo la morte del padre per Mattia è però arrivata la notizia della nascita del figlio. “Appena prima che mi addormentassero, proprio perché ancora non si sapeva che era Covid, ho avuto la possibilità di incontrare Valentina. Mi ricordo di aver accarezzato il suo pancione e di averle detto che avrei fatto di tutto per tornare. E ce l’ho fatta”, racconta.

L’emozione traspare palese dalle sue parole. “Giulia è arrivata con anticipo e anche se non ero nel pieno delle mie forze sono riuscito ad assistere al parto e ancora oggi, che sono ancora a riposo, me la godo tutto il giorno”. Sono stati perciò giorni molto intensi, carichi di eventi, dolori, emozioni. Ora però Mattia può tirare le somme di quanto accaduto.

Quello che è successo? Penso sia stato più di un film

“Penso che sia stato più di un film quello che è successo. La mia malattia, la mia guarigione, il fatto che sia mia madre che mio padre che Valentina si siano ammalati (mia madre e Valentina sono guarite, mio papà non ce l’ha fatta) e poi la nascita di Giulia, tutto concentrato in un mese e mezzo scarso, è una cosa da film, forse anche di più di un film. Però il lieto fine con la nascita di Giulia c’è. E tutto il resto l’ho voluto mettere in secondo piano”.

Test Coronavirus
Photo by Getty Images

Il giornalista poi pone una domanda molto significativa. “Ti senti miracolato? Fortunato?”. La risposta del ragazzo, che ha passato evidentemente momenti non facili, tanto per via della malattia quanto per essere stato considerato un po’ come il primo caso che in qualche modo ha trasportato il virus nel nostro paese, non si fa attendere.

Un’esperienza che lascia un insegnamento

“Sono stato ricoverato per polmonite. Solo quando mi sono svegliato mi hanno raccontato cosa c’era in giro, cosa stava succedendo e neppure nel dettaglio. Quindi la mia guarigione quando mi sono svegliato era esser guarito da una polmonite . Solo dopo ho capito la gravità di quello che stava succedendo intorno a me. E sì, mi sento fortunato”.

In conclusione, per Mattia il ritorno alla normalità è anche conseguenza di un carico di eventi che hanno segnato la sua esperienza nel profondo. Per cui, alla domanda su cosa ha lasciato il lui questa vicenda, la risposta viene inevitabilmente dal cuore. Carica di saggezza, da cui imparare molto.

Coronavirus Cina
photo pixabay

“Mi ha lasciato la consapevolezza di quanto sia imprevedibile la vita: da avere una vita perfetta, lavoro casa famiglia sport amici, a poter perdere tutto in un istante. Per me ora è importante godere di tutto come se fosse l’ultimo giorno”.

Giovanni Bernardi

fonte: skytg24.it

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