La storia del medico abortista che dopo la visita di San Tommaso ha cambiato radicalmente vita
La pratica dell’aborto è sempre più diffusa, migliaia di bambini muoiono ogni giorno per il capriccio di genitori troppo interessati a mantenere il proprio stile di vita per accogliere una creatura che porterebbe loro luce. La campagna sull’aborto nega che nei primi mesi il feto sia un essere umano formato e molti medici la praticano con una leggerezza a dir poco disumana. Ci sono dei casi in cui, però, sono gli stessi medici a rendersi conto dell’abominio di questa pratica e decidono di conseguenza di smettere di praticarla.
Vogliamo raccontarvi oggi la storia di un chirurgo serbo, tale Stojan Adasevic: nato prematuro, a causa di un aborto andato male che ha causato la morte della madre, Stojan ha deciso di intraprendere gli studi di medicina e chirurgia con lo scopo di evitare che un caso simile al suo avesse luogo. In pochi anni divenne il principale abortista di Belgrado, le donne richiedevano espressamente di lui, e questo lo costringeva ad effettuare tra i 20 ed i 30 aborti al giorno (il suo record è stato di 35 aborti in un solo giorno). A questi ritmi in 26 anni di carriera il dottor Adaevic ha effettuato all’incirca 50.000 aborti.
La sua convinzione, ciò che gli permetteva di ripetere questo atto senza alcuno scrupolo, è che l’operazione di aborto non era molto diversa dal togliere un appendice. Ma negli anni ottanta, quando anche in Serbia arrivarono i monitor ad ultrasuoni il dubbio cominciò a serpeggiare nella sua mente, il fatto di vedere il bambino all’interno del ventre della donna che succhiava il pollice in posizione fetale come qualsiasi neonato a livello conscio non aveva sortito alcun effetto (ha continuato per anni ad operare) ma nel suo inconscio qualcosa era cambiato.
Qualche tempo dopo iniziarono i sogni, immagini che lo turbavano e non gli permettevano di dormire: in realtà si trattava di un sogno ricorrente, un campo fiorato in periodo primaverile pieno di bambini, ragazzi e giovani uomini che giocavano davanti ai suoi occhi controllati a vista da una figura in nero. Un giorno decise di inseguire i bambini sul campo, ma questi, terrorizzati, scappavano gridando aiuto, ad un tratto la figura in nero lo bloccò, lui gli chiese chi fosse ed il terrificante controllore gli disse: “Il mio nome per te non significherebbe nulla. Mi chiamo Tommaso D’Aquino”, e successivamente aggiunse: “Perché non mi chiedi chi sono i bambini?” il medico disse di non conoscerli e Tommaso replicò: “Menti. Li conosci molto bene. Sono i bambini che hai ucciso mentre effettuavi gli aborti”. “Com’è possibile?”, chiese il medico. “Sono bambini grandi. Io non ho mai ucciso bambini già nati. Non ho mai ucciso un uomo di vent’anni”. Tommaso replicò: “L’hai ucciso vent’anni fa, quando aveva tre mesi di vita”.
Quella notte Adasevic si svegliò di soprassalto con la tachicardia, pensò di bere ma tremava, era scioccato e comprese che non serviva a niente. Nella sua mente si affollavano le facce dei genitori che aveva aiutato ad abortire e presto si rese conto che quei bambini gli somigliavano. Il giorno dopo al lavoro tutto è stato diverso, l’aborto andò male per la prima volta nella sua intera carriera, nei resti che tirava fuori ci vedeva le sembianze umane e questo lo rendeva poco lucido, la donna sanguinava e lui pregava per la sua salvezza consapevole che sarebbe stata l’ultima volta. Quando si seppe che la donna era salva, Adasevic si recò dal primario e lo informò della sua decisione di non voler più praticare aborti (era la prima volta in un ospedale di Belgrado), la decisione venne accolta ma il suo stipendio dimezzato. Nei due anni successivi fu vittima di ostracismo, la figlia venne licenziata, il figlio non ammesso alla specializzazione, ma lui continuò imperterrito con la sua decisione.
Negli anni Novanta Adasevic il principale divulgatore della lotta per i diritti dei non nati, un lotta che ebbe successo quando venne approvato dal governo yugoslavo un decreto che difendeva i diritti dei bambini non ancora nati, una vittoria parziale che subito cadde nell’oblio a causa della guerra che causò la disgregazione dell’ex impero.
Sebbene, oggi, nei paesi dell’ex Jugoslavia non viene praticato l’aborto in caso di gestazioni più lunghe dei due mesi (Adasevic racconta che negli anni precedenti negli ospedali, in caso di gestazioni di 7/8 mesi, veniva disposto un secchio d’acqua per impedire ai bambini di piangere), la sua lotta continua e si è espansa al divieto delle pillole anticoncezionali perché finalmente ha capito il valore del nascituro.