Un medico lo ha spiegato in tribunale, scioccando i presenti.
Il dottor Anthony Levatino è stato per anni un medico abortista. La sua idea era che la donna avesse il diritto di scegliere cosa fare del proprio corpo e dunque che era libera di decidere se abortire o meno. Questa idea è cambiata radicalmente dopo un evento che ha sconvolto la sua vita. Nel 1978, Anthony e la moglie avevano deciso di avere un bambino, ma non ci stavano riuscendo, e nemmeno le cure di fertilità avevano sortito effetto.
Convinti che non avrebbero mai avuto un figlio hanno deciso di adottarne uno. Sbrigate le pratiche in casa loro è arrivata la piccola Heather. Il mese successivo la moglie scoprì di essere rimasta incinta. Per un periodo andò tutto per il meglio, ma qualche tempo dopo accadde l’impensabile: Heather venne investita da un’auto e morì sul colpo. Questo cambio profondamente la percezione della vita del medico che, dopo circa 1.200 aborti cominciava ad avere ripensamenti.
L’evento che gli fece dire definitivamente basta agli aborti si verificò qualche mese dopo la tragedia: l’uomo doveva operare una ragazza di 17 anni alla 22a settimana di gravidanza. Levatino lo ha raccontato ad una commissione chiamata a valutare le procedure mediche di Planned Parenthood. Come spiegato in tribunale, per un aborto di una donna nel secondo trimestre il raschietto utilizzato per gli aborti di feti alle prime settimane di vita non basta. Senza risparmiare particolari il medico spiega che in questi casi si utilizza una specie di pinza, con la quale si tira il bambino fuori dall’utero. Nel suo caso gli è capitato di tirar via prima una gamba e poi un braccio, quindi ciò che rimaneva del corpicino. Vedere quella parti di corpo smembrate lo ha colpito al punto da fargli decidere di non effettuare più aborti durante il secondo trimestre e successivamente di non effettuarne proprio. La testimonianza del dottor Anthony Levatino ha lasciato sconvolti tutti i presenti.
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Luca Scapatello
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