Vi raccontiamo la storia di una donna, una convinta femminista che proprio a Medjugorje ha trovato la fede dopo la sua prima visita nel paesino bosniaco.
La testimonianza di conversione che vi riportiamo oggi sui frutti di Medjugorje (talmente evidenti che anche monsignor Hoser li ha dovuti riconoscere) parte da lontano. Dobbiamo risalire a diversi anni fa, quando la protagonista di questa inattesa conversione era poco più che un’adolescente. Un giorno, infatti, si trovava a consolare e consigliare un’amica che era rimasta incinta dopo un rapporto occasionale.
Immersa nel pensiero modernista e nell’atmosfera progressista dell’Università, la ragazza consiglio all’amica di abortire, convinta che quella fosse la scelta più corretta. La donna ritiene che quella scelta diede l’inizio ad un percorso interiore travagliato che ha trovato il suo culmine a Medjugorje, ma procediamo per gradi.
Negli anni successivi il pensiero di quel giorno e la profonda tristezza ad esso collegato non sono mai svaniti. Si trattava di rimorso, ma a quel tempo non era ancora in grado di capirlo. “Se ero così sicura delle mie convinzioni, – dice – perché ogni anno mi tornava alla mente l’anniversario di quel pomeriggio, l’odore dell’ospedale, il pianto di Sara? Perché ogni volta che vedevo un neonato, ripensavo a quella scelta con profonda tristezza?”
Questo quanto tormentava la ragazza. Una domanda la cui risposta arriverà anni dopo. Nel frattempo, stanca degli uomini della sua età, giudicati immaturi e timorosi, e bisognosa di ritrovare una femminilità che non riusciva a trovare in se stessa, la ragazza ha cominciato a frequentare persone del suo stesso sesso.
Sebbene la sua vita andasse per il meglio, la protagonista di questa storia aveva sempre una sensazione di profondo disagio interiore (sensazione molto comune in tutti i ragazzi di queste generazioni). Un giorno la sorella le disse che doveva affrontare un viaggio con lei, ma che doveva mantenere la mente aperta. Il viaggio proposto era un pellegrinaggio a Medjugorje. In un primo momento è rimasta spiazzata dalla proposta, la sorella come lei era atea, ma ascoltando il suo racconto su quello che aveva visto in Bosnia con un gruppo di amici si è fatta convincere.
Partita con pregiudizi, la ragazza ha cominciato a mettere in dubbio le sue certezze ascoltando le testimonianze di tutti quelli che ha incontrato nel luogo di culto mariano. “Mi resi conto dei miei pregiudizi – racconta – e di come questi mi rendessero cieca e mi impedissero di osservare la realtà per ciò che era. Ero partita ritenendo che a Medjugorje fosse tutto finto semplicemente perché per me la religione era finta. Inventata per opprimere la libertà di popoli creduloni. Eppure, questa mia convinzione dovette fare i conti con un fatto tangibile. Lì a Medjugorje c’era un flusso oceanico di persone che accorrevano da tutto il mondo”, spiega infatti la ragazza.
Tornata in Italia, cominciò a frequentare la chiesa e i convegni pro-life, piano piano le sue idee precedenti crollarono come un castello di carte. Capì che la sua fede era fiorita grazie alla parola di Dio riportata dai pellegrini di Medjugorje: “Iniziai a riconnettermi con la mia identità di donna, riprendendo ciò che mi era stato rubato: me stessa. Oggi sono sposata e al mio fianco cammina Davide che mi è stato vicino in questo percorso”. Adesso questa donna è consapevole che Dio ha un percorso per tutti noi e che non esiste altra verità al di fuori di quella che ci ha lasciato Gesù.
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Luca Scapatello
Fonte: La Nuova Bussola Quotidiana
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