Mancini è andato a Medjugorje diverse volte ed ha conosciuto personalmente i veggenti. Adesso testimonia la sua esperienza e cerca di tornarci più volte che può.
L’attuale commissario tecnico della Nazionale, Roberto Mancini, non ha bisogno di presentazioni per gli appassionati di calcio. Dopo una carriera ai massimi livelli mai coronata da un successo con l’Italia, Mancini ha ottenuto ottimi risultati anche da allenatore, vincendo trofei importanti con l’Inter e con il Manchester City. Proprio in seguito alla vittoria della prima Premier League (2012), vinta all’ultima giornata con uno storico gol nel recupero di Aguero, il “Mancio” decise di andare in pellegrinaggio con la famiglia a Medjugorje. In quella occasione partì insieme al presidente dell’Atalanta Antonio Percassi, ma quel viaggio era progettato da tempo.
La prima volta che il Mancio sentì parlare di Medjugorje era il 1983. All’epoca era un giovanissimo talento del calcio italiano che si apprestava alla sua terza stagione in Serie A. A parlargliene fu il parroco di Genova don Mario Galli, il sacerdote era entusiasta per quanto stava accadendo in Jugoslavia e non perdeva occasione per parlare delle apparizioni e dei veggenti. Roberto ascoltava con attenzione le parole del sacerdote, anche perché era cresciuto in una famiglia cattolica e si era formato nella parrocchia, ma in quel periodo non era interessato ad un viaggio a Medjugorje.
Molti anni dopo, Mancini venne nuovamente invitato a Medjugorje, questa volta a portargli la testimonianza era un amico di vecchia data (Paolo Brosio) che in Bosnia aveva cambiato vita. I racconti di Brosio erano talmente entusiastici che l’allenatore si convinse di doverci andare: “Sono sempre stato credente e i racconti di Brosio, ma prima ancora quelli di padre Galli, mi avevano molto colpito. Appena ne ebbi la possibilità decisi di partire, volevo saperne di più”. Vinta la Premier ha mantenuto la promessa con se stesso ed ha scoperto che quanto gli avevano raccontato era assolutamente vero: “Rimanemmo lì tre giorni, ho un ricordo bellissimo: Medjugorje non è un posto che ti lascia indifferente, bisogna andarci per capire”.
In quei 3 giorni Mancini ha avuto tempo di pregare, assistere alle apparizioni e conoscere i veggenti. Negli anni successivi ha avuto modo di ripetere l’esperienza. Ha approfondito la conoscenza dei veggenti e di alcuni sacerdoti che lavorano quotidianamente per aiutare gli altri. Oggi il Mancio è sicuro che quello che accade in Bosnia è assolutamente vero: “Ci credo, non posso pensare che da anni stiano raccontando sciocchezze al mondo intero. È dal 24 giugno del 1981 che ricevono le apparizioni della Beata Vergine. Milioni di persone si sono convertite grazie a loro: non possono mentire fino a questo punto”(Messaggero).
Come già spiegato, Mancini è sempre stato un credente, ma il viaggio a Medjugorje lo ha in parte cambiato. L’allenatore spiega che dopo il pellegrinaggio la sua vita è migliorata, adesso è costantemente sereno ed affronta le difficoltà con piglio positivo. Il “Mancio” ha anche spiegato alla ‘Gazzetta dello Sport” che grazie ai rapporti intrecciati in Bosnia ha imparato a confrontarsi con il dolore: “Ho conosciuto e parlato con persone che mi hanno insegnato qualcosa. Anche il confronto con il dolore ti fa crescere”. Adesso ha un rapporto più maturo con la vita e con la fede della quale dice: “Ti aiuta nei momenti di difficoltà, anche a maturare”, quindi sul prossimo viaggio a Medjugorje: “Ci andrò presto”.
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Luca Scapatello
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