Matteo, nel Capitolo 7, dice: “Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li riconoscerete”.
Così possiamo dire che Don Gonzalo Moreno e don Carlos Ballbé sono due buoni frutti si Medjugorje.
Come loro stessi raccontano oggi, è proprio in quel luogo che sono stati chiamati alla vita sacerdotale, pur avendo avuto, precedentemente, delle esperienze che mai l’avrebbe fatto immaginare.
Don Gonzalo testimonia: “In quel periodo lavoravo per un giornale di Madrid e ci era giunta notizia che uno dei veggenti di Medjugorje aveva visto Giovanni Paolo II, durante una apparizione, dopo la sua morte. Quella informazione interessò molto il direttore del giornale che, visto l’interesse crescente dei lettori, inviò a Medjugorje dei giornalisti, tra cui anche me. Io avevo un parere negativo su questi eventi: non ci credevo!”.
Quella era la prima volta che don Gonzalo sentiva parlare di Medjugorje, ma, giunto li, non poté fare altro che constatare come sia possibile avere una fede sincera, coltivarla ogni giorno attraverso i Sacramenti, sperimentare uno speciale e personale rapporto con Dio e la Madre celeste, a cui lui ci ha affidato.
“Grazie a Medjugorje ed alla sua spiritualità, posso continuare a crescere nel mio rapporto con Dio, nella mia relazione filiale verso la Chiesa e nei confronti della Madonna, la mia Madre del Cielo”.
Dopo quel primo viaggio (il primo di tanti), don Gonzalo ebbe difficoltà a testimoniare come fosse cambiata la sua concezione delle cose: “La mia vita in precedenza non era buona: sono stato anche nel mondo della droga. Per cui capisco perché la gente non mi credeva, ora però mi credono perché sono veramente un miracolo della Madonna. Incoraggio tutti a venire a Medjugorje”.
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Nello stesso periodo – il 2005- anche don Carlos ebbe un’esperienza simile, che mutò ogni suo progetto precedente: “Voglio dire anzitutto che la mia vita è completamente cambiata, perché qui ho ricevuto la mia chiamata e ho fatto esperienza della vicinanza di Dio.
Medjugorje ha cambiato anche tutta la mia famiglia. Ho creduto alle apparizioni fin dal primo momento in cui ne ho sentito parlare. La mia vocazione è un primo frutto di Medjugorje, perché non avevo mai neppure pensato di poter diventare sacerdote. Qui, con la Madonna, ho imparato a pregare col cuore. Ho studiato giornalismo, volevo diventare un inviato di guerra, e giocavo a hockey su prato, fin dall’età di cinque anni”.
Ma Dio voleva altro per lui e Medjugorje ne è stato il pretesto: “Tornare a Medjugorje, per me significa tornare all’inizio, prendere un po’ d’aria e respirare”.
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Antonella Sanicanti
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