Si tratta di una giornata dedicata al ricordo delle vittime italiane del regime Jugoslavo tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda.
Giornata dedicata alla memoria di tutte le vittime italiane del regime Jugoslavo, giustiziate e gettate all’interno delle Foibe.
La strage delle foibe è una delle pagine più nere della storia della nostra nazione.
Questo evento tragico ha un’aggravante drammatica: quasi 60 anni di tentativi di celare e mistificare quanto realmente accaduto. Per lungo tempo, infatti, sono mancate informazioni sugli italiani rimasti in Jugoslavia. Venute poi a galla le notizie sulle esecuzioni, queste sono state ridotte a semplice ritorsione contro le truppe fasciste che avevano invaso quei territori nela Seconda Guerra Mondiale. In realtà molte delle vittime di Tito e del suo esercito erano civili che nulla avevano a che fare con l’oppressione nazi-fascita.
A ricordarlo quest’oggi, un giorno prima del Giorno del Ricordo anche Sergio Mattarella. Il Presidente della Repubblica, in un discorso pubblico, invita tutti gli italiani a smetterla di negare quanto realmente successo: “Celebrare la giornata del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda”. “Non si trattò di una ritorsione contro i torti del fascismo – spiega il Capo di Stato – perché tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni”.
Il 6 aprile del 1941 l’Italia invade la Jugoslavia durante la guerra dei Balcani voluta dall’asse nazifascista. Le truppe di Mussolini prendono possesso di Lubiana (adesso capitale della Slovenia), gran parte della Slovenia, una parte della costa dalmata e la Croazia. Le leggi imposte sono durissime: per gli slavi fu un cambiamento sostanziale lingua, costumi persino i cognomi furono oggetto di cambio. La reazione dei partigiani di Tito non si lascia attendere. Il conflitto diventa sempre più cruento e nel 1943 cominciano ad essere utilizzate le foibe come strumento di giustizia sommaria degli italiani e degli oppositori del regime comunista.
Tra il 1943 ed il 1945 uomini di chiesa, professionisti, possidenti, anziani donne e bambini, quasi mille civili sono morte per questa causa. Ben più numerosi i torturati, seviziati e perseguitati da parte delle truppe armate. Molto interessanti in tal senso le dichiarazioni di uno dei superstiti, Graziano Udovisi, il quale ha spiegato: “Ci legano in sei, l’ultimo dei quali era a terra svenuto e viene trascinato con il filo di ferro legato al collo. Ci portano fuori e ci trascinano fin davanti alla foiba. Mentre legano un grosso sasso all’ultimo del nostro gruppo, mi metto a pregare”, la situazione era disperata, ma prima che i militari gli sparassero si è gettato all’interno della foiba e si è salvato per miracolo.
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Luca Scapatello
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