L’avvio del Giubileo 2025 porta con sé l’immagine di un Pontefice ormai anziano e in condizioni menomate, di fronte a quello che, con tutta probabilità, sarà l’ultimo grande impegno del suo pontificato.
Con circa 25mila fedeli giunti a piazza San Pietro, sfidando un inusuale gelo romano, e altre 6000 persone ad attenderlo all’interno, papa Francesco si è palesato sulla sua sedia a rotelle, davanti alla Porta Santa della basilica vaticana intorno alle 19.
Ritorno ai canoni tradizionaliIl Giubileo 2025 è ufficialmente iniziato alle 19:17 del 24 dicembre 2024. Si torna così ai canoni tradizionali, che prescrivono l’apertura dell’Anno Santo nella notte di Natale e la relativa chiusura nell’Epifania dell’anno successivo (6 gennaio 2026).
Per Francesco, si tratta del secondo Anno Santo, dopo il Giubileo straordinario della Misericordia, che sovvertendo tutte le convenzioni, fu inaugurato a Bangui (capitale della Repubblica Centrafricana, allora al centro di una sanguinosa guerra civile), il 29 novembre 2015.
Nella serata di ieri, come da consuetudine per i Giubilei ordinari, l’apertura della Porta Santa si è intrecciata con la liturgia della Natività. “L’infinitamente grande si è fatto piccolo; la luce divina è brillata fra le tenebre del mondo; la gloria del cielo si è affacciata sulla terra“: ciò è avvenuto “nella piccolezza di un Bambino. E se Dio viene, anche quando il nostro cuore somiglia a una povera mangiatoia, allora possiamo dire: la speranza non è morta, la speranza è viva, e avvolge la nostra vita per sempre! La speranza non delude“, ha detto il Santo Padre.
Grazie all’apertura della Porta Santa, “ciascuno di noi può entrare nel mistero di questo annuncio di grazia. Questa è la notte in cui la porta della speranza si è spalancata sul mondo; questa è la notte in cui Dio dice a ciascuno: c’è speranza anche per te!“, ha aggiunto il Pontefice, ricordando che “Dio perdona tutto, Dio perdona sempre“.
Lo stupore dei pastori giunti “senza indugio” alla grotta di Betlemme è “l’indicazione per ritrovare la speranza perduta, rinnovarla dentro di noi, seminarla nelle desolazioni del nostro tempo e del nostro mondo“: a riguardo Bergoglio ha citato le “guerre“, i “bambini mitragliati“, le “bombe sulle scuole e sugli ospedali“. A fronte di ciò, ha esortato: “Non indugiare, non rallentare il passo, ma lasciarsi attirare dalla bella notizia“.
Non alla “falsa prudenza” e al “quieto vivere”
La “speranza cristiana“, ha proseguito il Papa “non è un lieto fine da attendere passivamente, non è l’happy end di un film: è la promessa del Signore da accogliere qui, ora, in questa terra che soffre e che geme. Essa ci chiede perciò di non indugiare, di non trascinarci nelle abitudini, di non sostare nelle mediocrità e nella pigrizia; ci chiede – direbbe Sant’Agostino – di sdegnarci per le cose che non vanno e avere il coraggio di cambiarle; ci chiede di farci pellegrini alla ricerca della verità, sognatori mai stanchi, donne e uomini che si lasciano inquietare dal sogno di Dio, che è il sogno di un mondo nuovo, dove regnano la pace e la giustizia“.
La speranza espressa dai pastori “non ammette la falsa prudenza di chi non si sbilancia per paura di compromettersi e il calcolo di chi pensa solo a sé stesso“. La speranza è “incompatibile col quieto vivere di chi non alza la voce contro il male e contro le ingiustizie consumate sulla pelle dei più poveri. Al contrario, la speranza cristiana, mentre ci invita alla paziente attesa del Regno“.
Il Giubileo stesso, ha sottolineato Francesco, è “il tempo della speranza“, che ci invita a “riscoprire la gioia dell’incontro con il Signore, ci chiama al rinnovamento spirituale e ci impegna nella trasformazione del mondo, perché questo diventi davvero un tempo giubilare“, ha esortato, “per la nostra madre Terra, deturpata dalla logica del profitto; lo diventi per i Paesi più poveri, gravati da debiti ingiusti; lo diventi per tutti coloro che sono prigionieri di vecchie e nuove schiavitù“.
Infine, un esortazione: “portare speranza là dove è stata perduta: dove la vita è ferita, nelle attese tradite, nei sogni infranti, nei fallimenti che frantumano il cuore; nella stanchezza di chi non ce la fa più, nella solitudine amara di chi si sente sconfitto, nella sofferenza che scava l’anima; nei giorni lunghi e vuoti dei carcerati, nelle stanze strette e fredde dei poveri, nei luoghi profanati dalla guerra e dalla violenza. Portare speranza lì, seminare speranza lì“.
La Porta del cuore di Dio è sempre aperta
Stamattina, durante il messaggio Urbi et Orbi, il Santo Padre, visibilmente affaticato, si è nuovamente soffermato sull’inizio del Giubileo. “La porta del Cuore di Dio è sempre aperta“, ha detto. “Ritorniamo a Lui, ritorniamo al cuore che ci ama e ci perdona. Lasciamoci perdonare da Lui, lasciamoci riconciliare con Lui. Dio perdona sempre, Dio perdona tutto, lasciamoci perdonare da Lui“. La Porta Santa aperta ieri sera a San Pietro, quindi, “rappresenta Gesù, Porta di salvezza aperta per tutti“.
“Non è necessario bussare alla porta: è aperta. Venite“, ha proseguito il Papa, “lasciamoci riconciliare con Dio e allora saremo riconciliati con noi stessi e potremo riconciliarci tra di noi, anche con i nostri nemici. La misericordia di Dio può tutto, scioglie ogni nodo, abbatte ogni muro di divisione. La misericordia di Dio dissolve l’odio e lo spirito di vendetta. Venite! Gesù è la porta della pace. Spesso noi ci fermiamo solo sulla soglia. Non abbiamo il coraggio di oltrepassarla, perché ci mette in discussione“.
Come da prassi, una menzione e una preghiera per tutti i popoli in guerra. Per “la martoriata Ucraina, si abbia l’audacia di aprire la porta al negoziato e a gesti di dialogo, di incontro, per arrivare a una pace giusta e duratura“. Poi, per “il Medio Oriente con gli occhi fissi sulla culla di Betlemme“: il Pontefice ha rivolto “un pensiero alle comunità cristiane in Palestina, in Israele e in particolare alla cara comunità di Gaza dove la situazione umanitaria è gravissima“.
Vicinanza è stata espressa dal Papa “alla comunità cristiana in Libano, soprattutto al Sud e a quella di Siria“. E ancora l’Africa, in particolare la Repubblica Democratica del Congo, il Burkina Faso, il Mali, il Niger e il Mozambico, il Sudan. Altri Paesi nel cuore del Santo Padre, sparsi tra Asia e America Latina: Myanmar, Haiti, Venezuela, Colombia, Nicaragua, Cipro.
“Ogni vita è sacra“, ha ricordato in seguito. “E per recuperare i valori fondanti della famiglia umana, Egli ci attende sulla soglia, attende ciascuno di noi, specialmente i più fragili“, ha aggiunto menzionando i bambini (specie quelli vittime delle guerre), gli anziani, quanti hanno perso o non trovano un lavoro, i carcerati che, “nonostante tutto, rimangono figli di Dio“, oltre a “quanti sono perseguitati per la propria fede“.