Una mamma, sua figlia di 16 anni e un tampone da ripetere ancora una volta. La storia che vi raccontiamo oggi è una delle tante che hanno protagonista il Covid.
“Mia figlia ha la sindrome di Asperger e, per un tampone da ripetere, è ancora bloccata a casa”. Questa la denuncia della mamma di Elena.
Elena: il suo tampone che non arriva
Elena ha 16 anni ed è affetta dalla sindrome di Asperger. Da oltre una settimana è bloccata in casa, a causa prima della febbre, poi del raffreddore ed infine di un tampone che si deve ripetere e che tarda ad arrivare. “Questa situazione va denunciata. Già durante il lockdown i nostri ragazzi sono quelli che hanno sofferto di più.
Non si può chiuderli a casa ancora per così tanti giorni in attesa di un referto. Racconto la mia esperienza per chiedere più attenzione ed essere d’aiuto ad altre famiglie” – denuncia la mamma di Elena.
Una situazione che ha inizio quando ad Elena viene diagnosticata la febbre a 37.7. Il suo medico di famiglia, dopo averla visitata, consiglia alla mamma di farle un tampone all’ospedale “San Paolo” di Milano. La ragazza si reca al nosocomio con i suoi genitori, effettua il tampone e il risultato, a detta dei medici, sarebbe arrivato nel giro massimo di 48 ore.
La mamma: “Dopo 4 giorni, non c’era ancora un risultato”
“Dopo 4 giorni, ancora non ci hanno fatto sapere nulla. Mi faccio due ore di coda per chiedere l’apertura del fascicolo elettronico di mia figlia e i sento dire che in assenza del papà non potevo aprirlo.
E mi arrabbio, vado in direzione e non mi muovo di lì. O me lo aprono o mi danno l’esito. All’apertura del fascicolo, vado a scoprire che il materiale prelevato col tampone non era sufficiente: devono rifarlo e mi dicono di aspettare la nuova chiamata” – continua, nel suo racconto, la mamma di Elena.
Tampone errato nell’esecuzione: possibile?
Ma la giovane non può più aspettare: i suoi attacchi di panico sono continui, dati anche dal pensiero possibile di un nuovo lockdown: “E se mia figlia fosse positiva da una settimana lo staremmo pure portando in giro… Ecco un altro paradosso. Mi reco di nuovo con mia figlia a rifare il tampone e cosa trovo?
Una fila di oltre 25 ragazzi ai quali è stato richiesto di rifare il tampone perché fatto male. Quello che mi chiedo: così facendo, si mettono soprattutto in difficoltà i ragazzi fragili come mia figlia. Allora i tamponi rapidi esistono solo per i calciatori?” – conclude la mamma di Elena.
Una denuncia di tutto rispetto, con una conclusione altrettanto tale. Esiste, davvero, allora, un’Italia di serie A ed un’altra di serie B?
Fonte: ilgiorno.it
ROSALIA GIGLIANO