Ci sono storie dove il grido della vita si fa sentire e irrompe come un canto, il canto di un bambino che vuole vivere, e di una madre che vuole tenerlo con sé, contro tutto e tutti.
Questa è la storia di una ragazza che si vede quasi impigliata nelle trame di una legge che le avrebbe portato via il suo bambino, per volere di qualcun altro.
Maria è incinta e da subito ama il suo bambino. Ma è minorenne e purtroppo non verte in buone condizioni economiche, e l’aborto viene posta come unica soluzione. Non sarebbe dovuta trovarsi sola di fronte a questo dramma, costretta a fare ciò che non avrebbe voluto. Eppure, nel dilagare dell’applicazione della legge 194 che promulga il “diritto all’aborto”, c’è una parte della legge sempre più dimenticata, che servirebbe per aiutare e sostenere la donna in difficoltà (che, per un cristiano, è una “mamma ” in difficoltà) e invece non lo fa.
Quel dolore che fa un silenzio assordante
Ci sarebbe una clausola della legge che consisterebbe a delle figure di aiuto di incontrarla, ricordandole “che i problemi possono essere risolti, che col passare del tempo tante cose cambieranno e che una volta eseguito l’aborto, anche volendolo, indietro non potrà tornare più”. Ma, racconta Padre Maurizio Patriciello, “Non sempre accade che i veri diritti siano riconosciuti e affrontati con la dovuta priorità”, e queste clausole vorrebbero essere bypassate il più possibile, rischiando così di lasciare sola la donna che, non solo non potrà abbracciare quel bambino, ma si troverà da sola a soffocare un dolore cha fa un silenzio assordante, che lo si voglia o no.
Don Maurizio racconta la storia di Maria, una ragazza di un Caivano (NA), dove lui è parroco. Maria è incinta e da subito ama il suo bambino, lo vuole abbracciare. Ma è minorenne e purtroppo non verte in buone condizioni economiche, e l’aborto viene posta così come unica soluzione dalla sua famiglia. La voce del fidanzato, anche lui minorenne, non si fa sentire.
La forza di una madre
Maria è sola nell’affrontare questa battaglia, senza lavoro, senza soldi, senza alcun sostegno. Ci saranno però degli “angeli” sul suo cammino: “Ci facciamo accanto, le promettiamo aiuto. Le diciamo che non sarà abbandonata al suo destino. Ci siamo oggi, ci saremo domani. Con discrezione le raccontiamo di altre donne che come lei hanno avuto il coraggio di far nascere il loro figlio. La invitiamo a fidarsi della Provvidenza, perché Dio di certo non la abbandonerà“.
Il grido della vita è più forte
Arriva poi il giorno in cui Maria non ci sta: è in ospedale e sta per succedere il peggio ma lì comincia a piangere, rifiutandosi di essere sottoposta all’intervento: il grido della vita è più forte, e il pericolo è sventato. Ma ora chi si occuperà di lei? Il Comune non riesce a dare altro aiuto se non un piccolo supporto psicologico. Ma la parrocchia c’è: “Noi ci siamo. Maria lo sa. E non solo con i consigli. Ci siamo in tutti i sensi. Noi faremo di tutto. E non rinunceremo a far capire come il dramma della povertà incide sul dramma dell’aborto”.
Una vita che vale tutta una vita
Ora Maria è mamma, ha abbracciato il suo piccolo Simone insieme al papà. Don Maurizio è proprio lui ad averlo battezzato: “Guardo con dolore coloro che a tutti i costi volevano che Maria abortisse. Poi rivolto al padre, che, orgoglioso, felice, soddisfatto, stringe tra le braccia il suo bambino, chiedo: «Me lo vuoi dare?». «Siete pazzo, padre? Mai». E gli stampa due bacioni sulle guance”.
“Se la mia vita è servita solo a salvare la vita di Simone, mi basta; sono contento di essere nato”: quel giorno Don Maurizio pensa proprio questo.