I Missionari della Misericordia, hanno incontrato il Papa, in occasione del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione.
Loro sono dei confessori particolari, che, nel periodo del Giubileo straordinario della Misericordia (8 Dicembre 2015-20 Novembre 2016), hanno svolto quel compito in giro per il mondo.
Ora, a 550 di loro, il Papa ha rinnovato il mandato: “riflettendo sul grande servizio che avete reso alla Chiesa e su quanto bene avete fatto e offerto a tanti credenti con la vostra predicazione e soprattutto con la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione, ho ritenuto opportuno che ancora per un po’ di tempo il vostro mandato potesse essere prolungato. Ho ricevuto molte testimonianze di conversioni che si sono realizzate tramite il vostro servizio”.
Poi, ha sottolineato che gli atteggiamenti da evitare sono il “far provare vergogna”, “inquisire”, “non è permesso violare lo spazio sacro di una persona nel suo relazionarsi con Dio”, perché chi cerca il perdono di Dio, ha già trovato la sua grazia.
Il “figliol prodigo non è dovuto passare per la dogana: è stato accolto dal Padre, senza ostacoli”, così la chiesa non deve apporre barriere, per “l’accesso al perdono del Padre”.
Il Signore va incontro al fedele, che si era smarrito, comunicandogli che non è stato mai abbandonato, ma atteso: “quando si accosta a noi un penitente, è importante e consolante riconoscere che abbiamo davanti a noi il primo frutto dell’incontro già avvenuto con l’amore di Dio, che con la sua grazia ha aperto il suo cuore e lo ha reso disponibile alla conversione”.
Il confessore, dunque, al quel punto, non deve fare altro che supportare ciò che la grazia di Dio sta già compiendo, nella vita del fedele che si riavvicina al Sacramento della Riconciliazione.
E’, pertanto, importantissimo che il sacerdote non lo mortifichi, elencando o indagando, ad esempio, tutte le mancanza compiute, ma lo fortifichi nella fede, riconoscendo i suoi gesti di apertura al pentimento.
Ritornando alla parabola del figlio prodigo, “il papà neppure gli ha fatto terminare le parole, lo ha abbracciato. Lui aveva il discorso preparato, ma (il padre) lo ha abbracciato. Significa non fargli terminare neppure le parole che aveva preparato per scusarsi, perché il confessore ha già compreso ogni cosa, forte della esperienza di essere lui pure un peccatore”.
Attraverso la Confessione, si trasmette l’amore di Dio e della chiesa, nonché la disponibilità fraterna e indistinta, che fa al di la di ogni condizione umana.
“Dio libera dalla paura, dall’angoscia, dalla vergogna, dalla violenza. Il perdono è realmente una forma di liberazione, per restituire la gioia e il senso della vita. La misericordia, liberando, restituisce la dignità. Il penitente non indugia nel compatirsi per il peccato compiuto e il sacerdote non lo colpevolizza per il male di cui è pentito, piuttosto, lo incoraggia a guardare al futuro con occhi nuovi, conducendolo “alle sorgenti dell’acqua”. Ciò significa che il perdono e la misericordia permettono di guardare di nuovo alla vita con fiducia e impegno”.
Antonella Sanicanti
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