La missione è un dono dello Spirito Santo. L’appello del Papa

La Chiesa riscopra il suo spirito missionario, lontana da tutto ciò che allontana il cuore dalla Missione. Quella cioè di annunciare “la Buona Notizia a tutte le genti”.

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È l’appello del Papa commentato dal cardinale Luis Antonio Tagle, prefetto della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli. In un’intervista all’Osservatore Romano, Tagle ha infatti commentato il Messaggio di Papa Francesco alle Pontificie Opere Missionarie.

Il Papa chiama la Chiesa missionaria a un esame di coscienza

Tagle spiega che, visionando il messaggio inviato da Papa Francesco alle Pontificie Opere Missionarie, si intuisce il bisogno di “un esame di coscienza di tutta la Chiesa riguardo allo spirito e all’impegno missionario”. La missione è infatti un dono gratuito che viene dallo Spirito Santo, e certamente non la conseguenza di logiche dovute a efficientismo e altri “modelli di efficienza mondana”, come li chiama il Papa.

Che non significa essere contrari all’efficienza, ma a quei metodi che rendono infruttuosa la missione cristiana. Nel Vangelo infatti è scritto in maniera chiara: “Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere” (Matteo 7,16-20).

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Il Papa e il cardinale Luis Antonio Tagle – gettyimages

La missione è un dono dello Spirito Santo

Così il Papa, spiega Tagle, “ci mette in guardia dal pericolo di misurare la missione della Chiesa usando solo standard e risultati predeterminati da modelli o scuole di management, per quanto buoni e utili possano essere. Gli strumenti dell’efficienza possono aiutare, ma non dovrebbero mai sostituire la missione della Chiesa. L’organizzazione ecclesiale più efficiente può finire per essere la meno missionaria”.

Questo perché “la missione è un dono dello Spirito Santo“, e “Papa Francesco ci riporta ad alcune verità fondamentali come: la fede in Dio è un dono di Dio stesso; il Regno di Dio è inaugurato e realizzato da Dio; la Chiesa è creata da Dio; la Chiesa si risveglia alla sua missione, annuncia il Vangelo e va fino agli estremi confini della terra perché il Signore Risorto manda lo Spirito Santo dal Padre. Alle origini della Chiesa e della sua missione c’è un dono di Dio, non un progetto umano. Gesù viene incontro a noi come Amore del Padre”.

La missione cristiana rifiuta il narcisismo

In tutto ciò il ruolo in capo ai cristiani è quello di “pregare, discernere il dono divino, riceverlo nella fede e agire su di esso come desidera il Signore. Separati da questa radice di grazia, le azioni della Chiesa sono ridotte a mere funzioni e schemi precisi di azione”. Mentre invece “saldamente radicati nel dono dello Spirito Santo, potremmo affrontare la nostra missione e le sue sofferenze, con gioia e speranza”.

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La fede cristiana ci invita all’esatto contrario di un’opera umana tristemente radicata nel narcisismo, o in una visione “pragmatica o funzionale della missione” cristiana. Quando infatti la missione di fede si incentra sul proprio nome, sul successo personale, sul proprio io, a quel punto si annacqua e piano piano si confonde con gli obiettivi mondani, che appartengono alla società ma che non hanno nulla a che vedere con il messaggio di Cristo, fin dall’inizio.

Gli errori gravi della Chiesa e il bisogno di conversione

Purtroppo, troppo spesso nella Chiesa accade tutto questo. Tanti sacerdoti finiscono sulle prime pagine delle copertine e piano piano si affezionano più alla propria immagine che al Signore. Così nel momento in cui sono chiamati al bene della Chiesa e dell’umanità fanno fatica ad accettarlo, non riescono a mettersi da parte, e mettono al primo posto il proprio interesse personale. La propria vanità, il proprio narcisismo umano. Frutto di peccato, invidia, superbia. Sicuramente non proveniente dall’amore di Cristo per l’umanità, che ha accettato la Crocifissione per la salvezza dell’intera umanità.

Tutto questo ci indica una strada di conversione, di pentimento, di amore profondo per l’uomo e per Cristo. Che è alla base della vita cristiana e dell’amore che il Signore ci dona, chiedendoci di percorrere la strada che Lui ha preparato, e non quella a cui il mondo ci invita con le sue tentazioni, che incatenano l’uomo all’abisso.

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La visione mondana che porta all’abisso

“Il narcisismo è il risultato di una visione puramente pragmatica”, spiega Tagle. “La missione diventa lentamente più incentrata su di me, sul mio nome, sul mio successo, sulla mia realizzazione, sulla mia fama e sui miei seguaci e meno sulla Buona Novella della misericordia di Dio, sulla compassione di Gesù, sui sorprendenti movimenti dello Spirito Santo”.

Così accade che “quando arrivano i buoni risultati, il narcisismo e il centrarsi su di sé portano a sentirsi autosufficienti. I miei risultati dimostrano che posso contare sulle mie capacità. Aver bisogno di Dio e delle altre persone è dunque un insulto alle mie capacità illimitate”. L’anticamera dell’ateismo, della vita e della società scristianizzate, e quindi dell’oscurità.

Rompere lo specchio di egoismo e narcisismo

Ma il Papa indica la strada opposta, quella della rottura dello specchio, come l’espressione forte da lui utilizzata, dell’egocentrismo. “Dovremmo usare un vetro trasparente che ci permetta di vedere oltre noi stessi, non uno specchio dove io guardo solo il mio volto e l’ambiente che mi circonda”, spiega il cardinale filippino.

“Come suggerisce il Papa, apriamo le finestre e le porte, guardiamo fuori, usciamo verso la creazione di Dio, verso il prossimo, verso gli angoli delle strade, verso i sofferenti, verso coloro che sono smarriti, verso i giovani, verso i feriti. Guardandoli, speriamo di vedere anche noi stessi. Vediamo Dio. Sono loro i veri specchi che dovremmo guardare”.

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La chiamata del Papa alla missione quotidiana

Il Papa cioè incoraggia “la Chiesa a riportare il senso e la realizzazione della missione all’ordinarietà della vita cristiana, a fare della missione una parte semplice e non complicata della vita cristiana nelle famiglie, nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle aziende, negli uffici e nelle parrocchie. Penso che una grande sfida sia come aiutare i nostri fedeli a riconoscere che la fede è un grande dono di Dio, non un peso. Se siamo felici e arricchiti dalla nostra esperienza di fede, allora condivideremo questo dono con gli altri. La missione diventa la condivisione di un dono, piuttosto che un obbligo da adempiere”

In tutto ciò, il coronavirus ha imposto e in maniera non leggera nuovi modi di intendere la vita cristiana e la propria missione di cristiano nel mondo. Tagle spiega che potrebbe volerci molto per interiorizzare al meglio e in maniera profonda tutto ciò che è successo, e che potrà succedere. Sofferenza, privazioni della libertà, crollo delle certezze improvvise, crisi della società materialista e imperniata sul narcisismo e sull’efficientismo.

Affidarsi allo Spirito Santo, anche nella crisi del Coronavirus

“Ma possiamo affermare anche ora che, tra le incertezze, l’isolamento, la disoccupazione, la perdita di reddito e molti altri effetti della pandemia, lo Spirito Santo ha effuso abbondantemente i doni della compassione, dell’eroismo, dell’amore per la famiglia, della preghiera fervente, della riscoperta della Parola di Dio, della fame dell’Eucaristia, del ritorno a uno stile di vita semplice, della cura del Creato, per citarne alcuni”, spiega il cardinale.

“Quando la Chiesa si è sentita limitata nelle sue attività abituali, lo Spirito Santo ha continuato la sua missione senza alcuna limitazione. La Chiesa è chiamata a guardare e a meravigliarsi delle sorprendenti opere dello Spirito Santo. Apprezziamo tale dono e racconteremo le storie dell’azione dello Spirito Santo durante la pandemia per molti anni a venire”.

Giovanni Bernardi

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