Suor Gloria è stata rapita quattro anni fa dai jihadisti, ora dalla sua prigionia scrive al fratello, generando tante domande con questa sua lettera.
Fino ad oggi infatti ogni tentativo di liberare la suora francescana di 57 anni, colombiana, presa in ostaggio il 7 febbraio del 2017 a Karangasso, nel sud dello Stato saheliano, è fallito, e ora giunge questa particolare lettera in cui richiede aiuto. Un testo che inizia con parole molto chiare. “Invio a tutti i miei più cordiali saluti, il buon Dio li benedica e conceda loro la salute. Sono prigioniera da quattro anni e ora sono con un nuovo gruppo. Possano tutti pregare molto per me”.
Il sequestro della suore e l’evoluzione dei fatti
La realtà è che a febbraio i rapitori le avevano infatti permesso di scrivere al fratello, Edgar Narváez, residente nella cittadina colombiana di Pasto. Ci si chiede quale motivo ci sia dietro questa scelta, se una volontà di raggiungere un riscatto oppure altro. Di fatto, però, la famiglia aveva ricevuto le parole della suora a maggio, avendo quindi la bella conferma del fatto che la donna era ancora viva.
Suor Gloria Cecilia Narváez Argoti è stata sequestrata mentre svolgeva la sua missione a Karangasso, nel sud del Mali, la sera del 7 febbraio 2017. In quella triste giornata, intorno alle 21 un gruppo di uomini armati ha fatto irruzione nella parrocchia di Karangasso a Koutiala. Zona che purtroppo era ritenuta, fino a quel momento, relativamente sicura. Poi il primo luglio il gruppo al-Qaeda del Mali ha pubblicato su Telegram un video in cui appariva la suora e altri cinque ostaggi stranieri, rapiti dalla rete jihadista. Un anno dopo, nel gennaio del 2018, suor Gloria era apparsa in un video dove chiedeva aiuto a papa Francesco e al governo colombiano.
Le parole strazianti che si leggono nell’ultima lettera diffusa
Le parole che ora si leggono nella lettera, scritta a mano, in stampatello e in spagnolo, sono a dir poco strazianti. “Possano tutti pregare molto per me, che Dio benedica tutti loro. Spero che Dio mi aiuti a ritrovare la mia libertà. La tua amorevole sorella, Gloria”. Sull’origine e le finalità della lettera ha provato a indagare la fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre, che l’ha potuta visionare in originale grazie anche alla mediazione del Comitato internazionale della Croce Rossa.
La religiosa, infatti, nel testo fa riferimento al Gruppo per il sostegno all’Islam e ai musulmani, organizzazione jihadista formatasi nel 2017 grazie all’unione di diverse fazioni terroristiche legate ad al-Qaeda. Il gruppo terroristico infatti occupa la regione centrale e settentrionale del Mali, e ad esso è probabilmente dovuta la drammatica cattura della religiosa francescana, presa in ostaggio nella località di Karangasso, nel sud dello Stato saheliano, il 7 febbraio del 2017.
La suora viveva in Mali ormai da circa circa dieci anni
La suora viveva in Mali ormai da circa circa dieci anni e lavorava in una zona vicino al nord del Burkina Faso. In quell’area, però, militanti islamici operano armati seminando il panico, oltrepassando i confini quasi indisturbati con le loro vetture o in motocicletta. Un altro dettaglio di non poco conto del messaggio della suora è che nonostante sia stato scritto lo scorso febbraio questo è stato reso noto solo ora, dopo che negli scorsi mesi fallì la la trattativa di una delegazione inviata in Africa dalla Colombia.
Oltre a ciò, le notizie certe sulla suora sono ben poche, e si pensava che la francescana si trovasse nelle mani del Gsim insieme ad altri sequestrati. Tra i quali la franco-svizzera, Sophie Petronin, rapita due volte e liberata scorso 9 ottobre insieme ad altri due italiani, padre Gigi Maccalli e il turista Nicola Chiacchio. In quello stesso giorno era stato rilasciato anche il leader politico dell’opposizione maliana, Soumaila Cisse, dopo alcuni mesi di prigionia.
Il commento carico di dolore del fratello della suora
Il fratello, commentando la vicenda, ha affermato che “la separazione da Sophie ha causato grandi difficoltà psicologiche e mentali a mia sorella”. Visto che “entrambe avevano condiviso quattro anni di amicizia cambiando vari campi jihadisti”. Durante la sua detenzione, oltretutto, la suora è stata anche informata proprio da suo fratello della morte di Rosita Argoti de Narváez, la madre di 87 anni, “incapace di sopportare ancora la tristezza e la disperazione” del suo rapimento.
Continuiamo quindi tutti insieme a pregare insieme alla Congregazione delle Suore Francescane di Maria Immacolata, che da mesi recita numerose novene e preghiere per la liberazione di suor Gloria Cecilia Narváez. Suor Noemi Quesada, ex superiora generale della Congregazione di suor Gloria, ha infatti chiesto in diverse occasioni la liberazione della donna. “Chiediamo urgentemente ai rapitori di liberarla il prima possibile, perché non sta bene in salute“, aveva affermato lo scorso febbraio.
“Suor Gloria soffre tanto, come la Congregazione e la sua famiglia”
“Suor Gloria soffre tanto, come la Congregazione e la sua famiglia. Dio, che è il Padre di tutti, ci aiuti in questa richiesta. Nel nostro dolore ci sentiamo impotenti di fronte a questo rapimento senza precedenti, e chiediamo alla comunità cristiana la sua preghiera e alla comunità internazionale di non dimenticare che nel rapimento di una persona viene sequestrata una parte della nostra umanità”.
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Suor Gloria infatti è per molti un segno di grande umanità e fede nel Signore. “Fin da giovanissima ha dimostrato le sue qualità di educatrice e come tale si è preparata al servizio in questo campo. Sono state molte le istituzioni educative in cui ha lavorato“, ha spiegato ancora la consorella.
Le parole delle consorelle e il racconto di chi è la suora sequestrata
“Il Collegio di Samaniego, nel sud della Colombia è stato l’ultimo istituto di cui è stata direttrice, poi i suoi primi passi come missionaria li ha fatti nel sud del Messico, ad Apatzingán, Michoacán. Dopo una preparazione particolare, venne inviata a Boukoumbé, in Benin, in Africa, sempre come educatrice. Sono bastati sei anni per farla rimanere profondamente incantata dall’Africa e dalla sua gente“.
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In quel periodo la Congregazione la inviò come responsabile del lavoro a Karangasso, in Mali. “Lì accompagnava le suore della sua comunità che svolgono il servizio missionario nel centro sanitario, in una casa per bambini orfani, un centro per la promozione delle donne, che include un Progetto di alfabetizzazione di 700 donne nei villaggi, e nella catechesi dei bambini e dei giovani del luogo”.
Pochi elementi che tratteggiano la grande fede della suora rapita
Pochi elementi per descrivere in pieno i tratti di questa donna inviata in missione nel nome del Signore e che ora si trova preda di un gruppo di terroristi senza scrupoli. “Il suo amore per le suore, la sua semplicità e cordialità nei rapporti, la sua spiritualità e la vita di preghiera, la rendono una persona molto vicina a Dio e alla popolazione. Questo l’ha portata ad impegnarsi sempre di più con i poveri, costringendola a cercare con creatività nuove soluzioni alle situazioni più urgenti delle persone che si presentavano”.
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L’ultimo atto eroico di generosità e di amore l’ha compiuto al momento del sequestro, ha concluso suor Noemi: “Quando i rapitori hanno arrestato una delle suore della comunità, lei è uscita dal suo nascondiglio e ha detto loro: io sono la più grande, la responsabile, lasciatela andare. Così i rapitori hanno rilasciato la suora e hanno preso suor Gloria e l’hanno portata via”.
Giovanni Bernardi