Maria Santissima partecipò più di chiunque altro al mondo alle sofferenze di Gesù. E dopo la sua morte? Eccola nel dolore e nella speranza.
La storia e la spiritualità di Maria Santissima vengono tratteggiate magistralmente dagli scritti della mistica Maria di Gesù Agreda: ecco come le fu svelato il dolore di Maria durante la Passione e morte di Gesù, il grande “silenzio” di Dio.
“Nel corso della passione la pazienza della Vergine fu incomparabile: non le parve mai troppo quello che sopportava, non considerando il peso dei suoi tormenti uguale a quello del suo affetto, che misurava sull’amore, sulla dignità di Gesù e sulle torture a lui inflitte.
Inoltre, per tutte le insolenze lanciate contro di lui, ella nutrì il desiderio di sentirle su di sé e, pur non reputandole proprie, le pianse perché rivolte contro la divina persona e ritorte a danno degli aggressori stessi. Pregò per tutti costoro, affinché l’Onnipotente li perdonasse, li allontanasse dalla colpa e da ogni male, e li illuminasse con la sua luce, cosicché anch’essi conseguissero il frutto della redenzione. […]
La pienezza di sapienza che illuminava l’intelletto di Maria beatissima non lasciava spazio ad alcuna mancanza ed ella, in mezzo ai suoi dolori, continuava a porre attenzione ad ogni azione che l’occasione richiedeva. Con questa superna provvidenza non trascurava niente, operando ciò che era più santo e perfetto in tutto.
Dopo la sepoltura di Cristo, nostro bene, si ritirò, come si è detto, nel cenacolo; nel luogo dove era stata celebrata la Pasqua parlò con Giovanni, con le Marie e con le altre che lo avevano seguito dalla Galilea, ringraziandoli con semplicità e nel pianto […]
Si separò da loro assistita dall’Apostolo e quindi, postasi in ginocchio, affermò: “Tenete a mente le parole con le quali il mio Unigenito dalla croce ha voluto costituire voi mio figlio e me vostra madre.
Siete sacerdote dell’Altissimo: per questa eccelsa dignità è opportuno che io dipenda da voi in tutto e da adesso bramo che mi comandiate quello che sarò tenuta a fare, considerando che sono sempre stata serva e che tutta la mia gioia sta nell’obbedire fino alla morte“.
[…] Egli riprese: “Madre mia, sia fatta la vostra volontà, poiché in essa è riposta la mia sicurezza di non sbagliare”.
Ella, senza aggiungere altro, gli domandò licenza di rimanere a contemplare i misteri di sua Maestà e lo pregò di recarsi a procurare del cibo per le donne, e di sostenerle e confortarle; eccettuò soltanto le Marie, che intendevano continuare il digiuno sino alla risurrezione, scongiurandolo di permettere loro di attuare quel devoto proposito.
Giovanni andò a incoraggiare queste ultime ed eseguì quanto gli era stato ordinato, curandosi dei bisogni delle altre; tutte, poi, si appartarono e passarono la notte in mesta e straziante meditazione del supplizio del Salvatore.[…]
Gli ricordò la bontà di Gesù con i colpevoli pentiti e l’obbligo che egli aveva, come capo del collegio apostolico, di confermare tutti con il suo esempio nella costanza e nella confessione della fede.
[…] Quindi, si fecero avanti gli altri, i quali, stesi al suolo, la supplicarono di scusare la loro codardia, che li aveva indotti ad abbandonare il Salvatore nella passione.
Si dolsero amaramente del loro errore, spinti a maggiore dispiacere dalla presenza della compassionevole Vergine, il cui mirabile aspetto provocava in essi straordinari effetti di contrizione e di affezione verso di lui.
[…] In questo la Madre impiegò parte del sabato e quando fu sera si ritirò un’altra volta nel suo oratorio allontanandosi da loro, ormai rinnovati nello spirito e colmi di sollievo e di gaudio, ma sempre tristi per l’uccisione di Cristo […]
L’anima santissima di Cristo si trattenne nel limbo dalle tre e mezzo pomeridiane del venerdì sino a dopo le tre del mattino della domenica seguente. […]
Prima di ogni altra cosa, fu mostrato ai padri il corpo del loro Salvatore, piagato, lacerato e sfigurato, come lo aveva ridotto la crudeltà dei giudei. […]
I patriarchi e i profeti videro adempiuti i loro oracoli e le speranze delle promesse superne. Sentendo nella gloria delle loro anime l’effetto della copiosa redenzione, lodarono ancora l’Onnipotente e il Santo dei santi, che l’aveva operata con una disposizione tanto meravigliosa della sua sapienza. […]
Il nostro Salvatore, risorto e glorioso, arrivò da lei, che era così preparata, accompagnato da tutti i santi e i patriarchi; ella, sempre umile, si prostrò a terra e adorò il suo Unigenito, che la fece alzare e la strinse a sè.
[…] Ammirò l’Altissimo in modo chiaro e intuitivo, trovando in lui, benché di passaggio, il riposo e il premio di tutte le sue angustie. Qui è necessario il silenzio, perché mancano le parole e la capacità per riferire ciò che le avvenne in tale visione, che fu più mirabile delle altre che aveva avuto. Celebriamo questo evento con stupite lodi, con congratulazioni, con amore e con riverenti ringraziamenti per quanto ci guadagnò e per quanto fu sollevata. […]
Ebbe con Gesù dolcissimi colloqui sugli inesprimibili misteri della sua passione e della sua esaltazione, rimanendo in essi un’altra volta inebriata dal vino della carità, che bevve senza limitazione alla sua stessa fonte.
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In tale occasione le fu dato con larghezza quanto una semplice creatura poté mai ricevere, perché l’equità celeste volle compensare il “quasi aggravio” – lo chiamo così perché non mi so spiegare meglio – che, tanto integra e senza macchia, aveva sofferto con gli spasimi della crocifissione e di quanto la precedette, che furono gli stessi di Cristo; il gaudio e il beneficio corrisposero alle pene che ella aveva subito.
[…] Le dette particolare gioia incontrare i suoi genitori Gioacchino e Anna, il suo sposo Giuseppe e Giovanni il Battista. Parlò a loro e poi ai patriarchi, ai profeti e ai progenitori Adamo ed Eva. Tutti si inginocchiarono contemporaneamente davanti a lei, Madre del Salvatore, causa del loro rimedio e cooperatrice della loro redenzione”.
(Tratto dalla “Mistica città di Dio” della mistica venerabile Maria Agreda)
Elisa Pallotta
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