Di chi è la colpa dell’attentato di Manchester? E’ una domanda che si ripete spesso in questi giorni in cui la confusione e la paura trovano sempre più spazio nella mente dei cittadini inglesi e non solo. Di certo la copertura mediatica punta il dito contro una sovrastruttura terroristica che si collega con filo diretto agli altri attentati che negli ultimi anni hanno devastato le città francesi e belga, ma questo, se pur vero, è solo la superficie di un processo che ha radici decisamente più profonde di quanto non sembri.
Scorporando, per facilitare il ragionamento, l’ultimo attentato da quelli precedenti, è bene considerare come primo punto a favore della tesi che svilupperemo in seguito che Salman Abedi (l’attentatore di Manchester) era ben noto ai servizi segreti britannici ed era stato segnalato più volte come soggetto pericoloso. Di lui si sa che era presente in Libia nel 2011, durante l’operazione internazionale a guida USA tesa a sradicare Gheddafi, e che al suo ritorno in Inghilterra era cambiato radicalmente: aveva sviluppato un forte senso di appartenenza religioso ed aveva smesso di comportarsi come qualsiasi teenager britannico.
Questa nozione è un primo campanello d’allarme ed un primo motivo per sospettare che la mancata sorveglianza da parte delle autorità britanniche possa nascondere qualcos’altro. La sensazione diventa più forte quando si scopre che il padre del kamikaze, Ramadan Abedi, era un uomo reclutato dai servizi segreti britannici per svolgere un vasto piano militare che conduceva all’assassinio di Gheddafi e che, proprio nel 2011, era stato salvato dai servizi segreti e riportato in Inghilterra con la sua famiglia.
E’ noto come sia le truppe britanniche che quelle americane abbiano coinvolto dei rivoltosi locali nella lotta sul campo per facilitare l’ingresso in Libia e la destituzione del dittatore libico divenuto scomodo. Non si dimentichi nemmeno che in quel periodo furono proprio gli Stati Uniti ad inviare numerosi carichi di armi ai tafkiri per facilitare la destituzione di Gheddafi e come da quei movimenti bellici siano in seguito nati gruppi terroristici avversi ai paesi occidentali.
Il quadro disegnato ci porta a due plausibili conclusioni: la prima è che l’attentato di Manchester sia una conseguenza delle strategie belliche delle truppe britanniche, la seconda è che sia stato lo stesso governo a volere che ci fosse un attentato per distrarre l’opinione pubblica da problemi reali e gravosi come la Brexit e la crisi economica. Tra le due ipotesi è sicuramente più plausibile la prima, ma il disinteresse dei servizi segreti sulle allarmanti posizioni di Salman Abedi prima dell’attacco lasciano qualche dubbio.
Un peso nell’attentato ha anche la cantante americana Ariana Grande, non che si voglia asserire che ne sia coinvolta, ma di sicuro è stata scelta da Abedi per via delle sue esternazioni sulla kabala. Da tempo, infatti, l’idolo delle ragazzine ha confessato di essere una kabalista e pare che anche la scelta delle date dei concerti sia soggetta a questo culto (il 22 è il numero della magia).
In un’altra recente intervista la bella Ariana ha dichiarato: ”Appena ho chiuso gli occhi ho sentito questa vampata davvero forte vicino alla mia testa… quando ho chiuso i miei occhi ho iniziato di nuovo con i sussurri per molto tempo…ho iniziato a vedere questa immagine veramente inquietante, come con forme rosse”, come se quotidianamente fosse circondata da presenze demoniache.
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