Abbiamo deciso di riportare alcuni “fioretti” di San Pio da Pietrelcina come confessore, perché egli è stato veramente il modello per tutti i sacerdoti del XX secolo, ma lo è anche per quelli del III millennio. Ovviamente non si può imitare tutto quello che faceva lui, ma i “pilastri” del suo modo di amministrare la confessione possono e devono essere comuni a tutti i confessori. «Il suo confessionale – scrisse L’Osservatore Romano il giorno dopo la morte di Padre Pio – era un tribunale di misericordia e di fermezza; anche coloro che erano rimandati senza aver ottenuto l’assoluzione avevano, in grandissima maggioranza, l’ansia di ritornare e di ritrovare pace e comprensione, mentre per loro già si era aperto un nuovo periodo di vita spirituale». Misericordia e fermezza, dunque. Condanna del peccato, perdono al peccatore pentito.
Un penitente cacciato da padre Pio in malo modo, confidò ad un frate che assistette alla scena: «È dall’età di dodici anni che, per vergogna, nascondo i peccati durante la confessione. È la prima volta che lo dico. Se padre Pio non mi avesse respinto, forse avrei continuato».
Un uomo raccontò che, al termine dell’accusa dei peccati, padre Pio gli chiese se pregasse spesso. Rispose negativamente, perché aveva poco tempo e poca voglia. «Figliolo, chi prega si salva, chi non prega si danna, chi prega poco è in pericolo», replicò il santo frate. Per penitenza gli disse di recitare, per tre mesi, 90 Pater, Ave e Gloria tutti i giorni. Al termine dei tre mesi, alla confessione successiva, gli disse di recitare, per quarantacinque giorni, 45 Pater, Ave e Gloria al giorno. Alla terza confessione, la penitenza fu la la recita quotidiana, per quindici giorni, di 15 Pater, Ave, Gloria. Da allora, quell’uomo ha recitato 15 Pater, Ave e Gloria ogni giorno fino al termine della sua vita.
Un operaio di Cerignola, alla prima confessione con padre Pio, non ottenne l’assoluzione perché si era iscritto al PCI. «Oh, Padre, è per il lavoro…», replicò l’operaio. «E il lavoro te lo hanno dato?», tuonò padre Pio. «Hai tradito il Signore tuo Dio e ti sei messo tra i suoi nemici!». La tessera comunista finì in mille pezzi.
Da padre Pio non andavano solo comunisti per convenienza, ma anche comunisti convinti. Come, per esempio, un toscano di Prato chiamato Giovanni. Andò a San Giovanni Rotondo per far diventare a sua volta padre Pio un membro del PCI. Ma non andò come aveva programmato. Durante la confessione, il santo frate smascherò il “toscanaccio” e lo mandò via: non permetteva che si giocasse con i sacramenti. Giovanni ci rimase malissimo. «Padre, mi tratta così solo perché sono “rosso”», disse. «No, figlio mio», spiegò P. Pio. «Perché la tua anima è nera». Giovanni capì e, tornato a Prato, riprese ad andare, ogni domenica, alla Messa e s’impegnò a non bestemmiare più. Contento e soddisfatto di se stesso, dopo un paio di mesi, Giovanni tornò a San Giovanni Rotondo per confessarsi nuovamente. Mettendosi in ginocchio, chiese: «Padre, si ricorda di me?». Il santo confessore rispose: «Le brutte facce non le dimentico». «Non cominciamo bene…», pensò il “toscanaccio”. «Sei andato alla Messa?», riprese padre Pio. «Tutte le domeniche, Padre». «Perché non vai nella tua parrocchia?». Giovanni strabuzzò gli occhi dalla sorpresa. «Ma lei come fa a saperlo?». «Rispondi e basta». Arrossendo, il penitente di Prato spiegò: «Perché non voglio che qualcuno che mi conosce vada a riferire ai compagni di partito che vado alla Messa». Non poté terminare la frase, perché padre Pio cominciò a gridare: «Vattene! Vattene! Sei peggio di prima! Prima era miscredente, ma ora sei ipocrita». Tornato a Prato, Giovanni affrontò i “compagni di partito”; comunicò loro che aveva deciso di andarsene perché la sua ritrovata fede in Cristo non gli permetteva di avere a che fare con quel mondo. Non fu facile, perché gli ex “compagni” giurarono vendetta, ma il “toscanaccio” tenne duro. Non ebbe più paura di farsi riconoscere durante la Santa Messa, né si vergognò di inginocchiarsi quando passava davanti ad una chiesa. Alla terza confessione, finalmente ebbe il perdono sacramentale. Giovanni raccontò che padre Pio era più felice di lui.
Carlo Campanini, famoso attore degli anni Quaranta e Cinquanta, andò da padre Pio per la prima volta nel 1946. Per qualche tempo condusse una vita cristiana esemplare, ma, poco dopo, ricadde nelle “vecchie abitudini”. Così decise che non sarebbe più andato a San Giovanni Rotondo, nemmeno per un saluto. Nel 1950 ebbe modo di conoscere il nuovo parroco, il quale propose alla sua famiglia di fare la consacrazione al Sacro Cuore. Campanini accettò ed approfittò dell’occasione per confessarsi. Questo fece bene alla sua anima, perché riprese la vita cristiana. Ma l’attore conosceva bene se stesso: sapeva di essere debole, di avere la necessità di un buon direttore spirituale che lo guidasse. Prese la decisione di tornare a San Giovanni Rotondo per chiedere a padre Pio di accettarlo come figlio spirituale. Pensò che non sarebbe stato rimproverato, visto che si era già confessato. Dopo essersi messo in ginocchio, prima che potesse proferir parola, il frate con le stigmate gli disse: «Comincia dal 1946, non dal mese scorso». L’attore ci rimase di sasso. «Ma, Padre, mi sono confessato il mese scorso e i peccati già perdonati non vanno ripetuti…». «Un vigliacco, sei un vigliacco», replicò padre Pio. «Ti vergogni di dire i tuoi peccati a me, un peccatore come te, ma non ti vergogni di offendere Dio commettendo peccato». Campanini capì, s’impegnò a migliorare nella fede cattolica e divenne uno dei più attivi figli spirituali di San Pio; nel mondo dello spettacolo cominciarono a chiamarlo “il sacrestano del frate con le stigmate”.
Un muratore di Padova confessò che da quattro anni aveva abbandonato la Chiesa e che da allora bestemmiava moltissimo. Padre Pio gli chiese quante volte avesse bestemmiato in quattro anni. «Ma che domande, Padre!», replicò il penitente. «Non le ho contate…». «Vattene!», ordinò padre Pio. «Non farmi perdere altro tempo». L’uomo se ne andò, un po’ deluso e un po’ arrabbiato. Qualche giorno dopo, a Padova, mentre stava lavorando con un martello, anziché colpire il chiodo, colpì il dito. Pronunziò solo mezza bestemmia, perché temeva che, alla prossima confessione, padre Pio gli facesse la domanda della volta precedente.
Padre Pio voleva che tutti i suoi figli spirituali – ovviamente vale per ogni cattolico – non perdessero mai la Messa domenicale. Cacciò via un penitente perché una domenica, anziché andare alla Messa, si mise in viaggio per andare da lui. «Va’ via! La domenica, prima di ogni altra cosa, c’è la Santa Messa». Quell’uomo non mancò più alla Messa domenicale, inoltre cercava di andare anche a quelle dei giorni feriali.
Un uomo confessò che, ridendo e scherzando, qualche volta gli “scappava” qualche bugia… «Vuoi andare all’inferno ridendo e scherzando?», domandò padre Pio. Il penitente comprese che ogni peccato è una grave offesa fatta a Dio, anche quello che sembra innocuo.
Un commerciante, alla prima confessione, tirato per la “giacchetta” dal santo frate, ammise che “gonfiava” i prezzi per aumentare il profitto. «Ma con parte di quei guadagni faccio anche molte elemosine», disse per giustificarsi. Ma padre Pio non volle sentire scuse. «Sì, fai elemosine con i soldi degli altri. Vattene, ladro!». Quel commerciante divenne uno dei più onesti della sua città e cominciò a fare molte più elemosine, ma con i propri soldi.
Ad una donna che confessò di aver abortito, padre Pio gridò: «Svergognata! Scomunicata! Assassina! Vattene via! Non ti darò l’assoluzione perché all’inferno con te non ci voglio andare». La donna scappò via in lacrime. Tornò qualche giorno dopo, con una faccia distrutta. Tutti poterono notare il suo sincero pentimento. Questa volta fu accolta con gioia dal santo confessore cappuccino, che la volle come sua collaboratrice per i Gruppi di preghiera.
San Pio da Pietrelcina, il primo sacerdote stigmatizzato della storia, con il sacramento della Penitenza, ha dato prova che la Misericordia ha valore solamente se unita alla Giustizia. La verità senza la carità è formalismo. La carità senza la verità è sentimentalismo.
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