Dopo una grande distruzione non può esserci che la rinascita. La vicenda dei Monaci Benedettini di Norcia ne è la dimostrazione.
Nel ventennale della loro fondazione canonica, i monaci di Norcia hanno infatti aggiunto il motto “Nova Facio Omnia” allo stemma del monastero, “Ecco, io faccio nuove tutte le cose!”. Il ventennale è caduto nel 2019, proprio mentre si stavano scavando le fondamenta del monastero sulle pendici del Monte Patino in Umbria.
Da qualche giorno è anche iniziata la ricostruzione dei primi muri che a fine lavori diverranno il monastero adiacente alla chiesa. La preghiera e l’amore per Cristo, nella regola loro insegnata da San Benedetto, guida perciò le loro mani umili e forti verso la ripartenza dopo il drammatico sisma.
In quella occasione, come per miracolo, tutto crollò, compresa la chiesa, ma nessuno morì. Furono i monaci stessi a fare strada ai soccorsi e ai vigili del fuoco in quei drammatici giorni.
“San Benedetto sapeva bene che il cambiamento esteriore di disciplina o di luogo, non porta mai in sé nuova vita. Per questo motivo egli ha dato in dono ai suoi monaci il voto di stabilità”, sono le parole di padre Benedetto, che ha parlato di questo momento importante al settimanale Tempi.
“Anche quando sembra che tutte le circostanze esterne siano contro di lui, il monaco deve restare e crescere nella Fede“, ha proseguito il sacerdote. I monaci combattono contro sé stessi, contro l’uomo vecchio, contro i vizi, ha spiegato.
Sono infatti arrivati dagli Stati Uniti per fare rifiorire la vita e la regola di San Benedetto scomparsa a Norcia dopo la soppressione degli Ordini religiosi per mano di Napoleone, nel 1810.
Uomini molto giovani che vivono in comunità, in silenzio, preghiera, solitudine, lavoro, digiuno e canto. Nello stesso luogo in cui secoli indietro nacquero Benedetto e la sorella Scolastica. “Proprio il fatto di essersi separati dal mondo rende possibile amare il mondo nel modo giusto, dare un contributo che risponde al bisogno di chi vive nel mondo”, raccontano.
Oggi grazie alla loro missione riescono a fare del bene al prossimo in una maniera che sarebbe stata altrimenti loro impossibile. “Pretendere che Dio restituisca ciò che abbiamo perso è una grande tentazione“, è quanto aveva scritto padre Benedetto nei primi giorni della ricostruzione del monastero.
Ora è anche arrivata la pandemia, e dallo scorso marzo i monaci pregano “per la liberazione da “peste, carestie e guerre”, così come gli antichi che sapevano che queste tribolazioni spesso sorgevano insieme”.
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A tal fine l’impalcatura per il restauro del campanile che si staglia sulla città di Norcia è stato elevato, di modo che la popolazione alzando lo sguardo verso il campanile può pregare insieme ai monaci in questi giorni di dura sofferenza.
Da lì secondo alcuni il cristianesimo ripartirà, dalle montagne, proprio come accadde con San Benedetto. Oggi infatti nelle metropoli europee le chiese vengono vendute per farci pub, skate park, luoghi di intrattenimento, esercizi commerciali, ristoranti. Quando tutto crolla è infatti la speranza che arriva e riporta l’umanità a respirare fuori dalle macerie.
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“Come il corpo di un santo è diventato una dimora per Cristo, così anche la Chiesa consacrata diventa una dimora per Cristo stesso e per tutti coloro che vogliono adorarlo”, è lo spirito con cui prosegue la loro opera.
“Resta ancora molto da costruire, poiché le mura del monastero stanno venendo su pian piano, ma speriamo che questa riapertura di una chiesa con la “c” minuscola possa servire a ricordare a tutti noi che la Chiesa è più matura per i frutti quando è più debole”.
Giovanni Bernardi
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