Il vescovo iracheno Saap Sirop Hanna è stato rapito da alcuni militanti di Al Qaeda nel 2006. Per 28 giorni è stato torturato affinché rinunciasse alla sua fede in Cristo, ma lui ha tenuto duro.
Nato e cresciuto in Iraq, a Baghdad, monsignor Hanna ha sempre amato la sua terra d’origine e la gente che la abita. Pieno di speranze e convinto che con quella scelta avrebbe potuto aiutare i suoi connazionali in difficoltà, ha deciso di entrare in seminario, quindi, dopo l’ordinazione come sacerdote ha continuato a studiare all’Università Gregoriana di Roma, dove nel 2008 ha conseguito il dottorato in Filosofia.
Prima che potesse ultimare il suo percorso di studi, però, è stato rapito da un gruppo di militanti islamici affiliati ad Al Qaeda. Questi hanno cercato in tutti i modi di convincerlo a rinunciare alla propria fede, ma lui non si è lasciato convincere e per 28 giorni ha sopportato atroci torture. Il suo rilascio è stato facilitato dall’interesse di tutto il mondo e sopratutto del Vaticano, in quei giorni papa Benedetto XVI ha inviato una lettera alla Chiesa Irachena affinché facessero pressioni alle autorità per accelerare le operazioni di salvataggio.
Le riflessioni di monsignor Hanna dopo il rapimento
In seguito a quella esperienza traumatica, l’allora sacerdote si chiedeva come fosse possibile che la sua gente fosse cambiata in modo così radicale, una riflessione che è attuale anche oggi come confermato dallo stesso vescovo ad ‘Aleteia‘: “Ci sono così tante incomprensioni, differenze, aggressioni… Mi sono posto tali questioni in quanto cristiano e in quanto iracheno”.
La risposta a quelle domande era semplice, il radicalismo islamico aveva portato confusione tra la popolazione, ma soprattutto odio per il diverso che fino a qualche tempo prima non c’era. Il frutto di quelle riflessioni è una lotta decisa all’estremismo islamico che porta avanti da anni, argomento su cui il vescovo ha anche pubblicato un libro dal titolo ‘Rapito in Iraq: un prete a Baghdad‘. In questo fa capire come il suo rapimento sia proprio frutto di questa atmosfera d’odio e che, nonostante questo, non ha perso il suo desiderio di rimanere in Iraq e aiutare le persone, siano esse cristiane o musulmane.
Luca Scapatello