Pochi giorni fa la comunità cattolica di San Paolo (Brasile) ha pianto la scomparsa di uno dei suoi personaggi più illustri. Paulo Evaristo Arns era uno dei due sopravvissuti tra i cardinali ordinati dal Paolo VI nel post concilio (l’altro è Joseph Ratzinger attuale Papa Emerito), per lungo tempo alla guida della grande metropoli brasiliana (28 anni come Arcivescovo e 4 come ausiliare) faceva del Vangelo il suo credo di vita e per molte generazioni e tre papati è stato il simbolo più brillante della cristianità nei paesi latino americani.
Laureato alla Sorbona di Parigi nel 1952 in filosofia, Arns era anche un grande giornalista (nella sua lunga carriera ha scritto 50 libri sulla pastorale), pochi anni più tardi decise di entrare nell’ordine dei francescani e cominciare il suo lavoro con i poveri. Desideroso di andare a dare una mano ai più svantaggiati (per lui voltare le spalle ai poveri era come voltarle a Dio) viene eletto ausiliario di San Paolo nel 1966, nei successivi quattro anni rifiuta tre nomine come Arcivescovo perché il suo desiderio era quello di lavorare sul campo, ma le continue lusinghe di Paolo VI alla fine lo convinsero ad accettare il ruolo.
Fedele al suo intento di aiutare gli indigenti prima di insediarsi come arcivescovo vendette il palazzo della residenza episcopale per 5 milioni di dollari e distribuì il ricavato tra le famiglie della città, comprando terreni per gli emigrati e costruendo strutture per i senza tetto. L’impatto con la realtà brasiliana però è stato più duro del previsto, in quel periodo il Brasile era sotto dittatura e le persone oltre a morire di fame avevano perso anche la loro identità: “Lo sradicamento forzato, oltre a provocare queste terribili conseguenze, aveva scardinato ogni traccia di quella struttura familiare nella quale era stata garantita la cattolicità. Non potevamo più farci illusioni, ci trovavamo di fronte a una realtà dura, segnata dalla scristianizzazione. E allora come oggi, come sempre, non prendere la parte dei poveri significava tradire il Vangelo. Una nuova evangelizzazione non poteva che essere personale e sociale”.
Nello stesso istante in cui ha compreso la complessità sociale della metropoli brasiliana ed il baratro spirituale in cui era caduta si è reso conto di quanto fosse stata lungimirante la scelta di Papa Paolo VI, come confessato in anni più recenti: “Paolo VI è stato il Papa dell’intuizione. La migliore intuizione della storia che ho conosciuto nella mia vita, non solo della storia particolare del mio Paese, ma anche della storia della Chiesa universale, nel cogliere con realismo ed estrema lucidità le condizioni in cui questa si trovava”.
L’intuizione del Pontefice fu corretta, in quegli anni terribili in cui il popolo brasiliano dovette subire i soprusi di un regime autoritario e violento, Padre Ars fu un ancora di salvezza ed è grazie a lui se il passaggio dalla dittatura alla repubblica, avvenuto nel 1982, fu quasi indolore. Per i meriti riconosciutigli dalla comunità internazionale l’arcivescovo Arns fu l’unico religioso ad essere inserito nella Commissione Internazionale per le questioni umanitarie dell’Onu.
In quegli anni difficili, oltre al lavoro sul campo, ad Arns fu chiesto di stendere un documento pastorale programmatico che unificasse il modo di intendere la dottrina ed il lavoro sul campo di tutte le diocesi latinoamericane e non solo. Fu così che nacque il “Popolorum progressio”, un documento che ha rappresentato un nuovo inizio con delle linee guida che hanno rinnovato il modo di rapportarsi dei sacerdoti alla società.
Ritiratosi a vita privata nel 1998, l’arcivescovo Arns continuò ad aiutare il prossimo scegliendo di vivere nel quartiere più povero di San Paolo, Jaçaná.