La drammatica e commovente storia di Eleonora Restori, una ragazzina speciale, che ha un tratto in comune con Santa Maria Goretti.
Prima della sua nascita in Cielo ha scritto: “Signore ti offro la mia malattia e tutte le mie sofferenze anche le più piccole.Usale per tutti i problemi che ci sono nel mondo e per salvare le anime del Purgatorio. Grazie. Ti voglio bene. Baci”.
Gesù ha preso alla lettera questa bellissima offerta di carità. E vicino a Medjugorje, in un campo profughi, è rinata la speranza. Con il “Progetto Eleonora”.
Questa che racconto è la storia di una bambina che ha offerto al Signore con il sorriso sulle labbra, la sua malattia. Lieta di aver incontrato il significato della propria vita, consapevole di ciò a cui stava andando incontro. Un sacrificio, il suo, da cui sono nati molti frutti spirituali, tante vocazioni, e un’opera di carità che va incontro ai bisogni dei profughi della guerra dei Balcani alloggiati in un campo distante 18 chilometri da Medjugorje.
La straordinaria storia di Eleonora
Durante l’estate, la mia amica Lidia mi regala un libro dal titolo “In viaggio con Eleonora (Incontri Editrice)”, dedicato a una bimba speciale morta a soli 11 anni. Sono rimasta colpita dalla forza di questa piccola donna ma grande nello spirito. E decido di approfondire la sua storia attraverso padre Silvano Alfieri, frate minore cappuccino dell’Emilia Romagna, che le è stato molto vicino. Fisso un appuntamento con lui, senza volerlo, il giorno della festa di Santa Maria Goretti. Noterò solo dopo, durante il nostro incontro la “Dio incidenza”.
“Ho incontrato Eleonora quando era già malata – racconta padre Silvano – in occasione del Festival dei Giovani 2003 a Medjugorje. Durante la Messa per gli italiani, che si celebrava nel capannone giallo, ho chiesto ai giovani se conoscevano la loro patrona. Mi hanno dato le risposte più varie. Nessuno sapeva che fosse santa Maria Goretti. Così ho raccontato la sua vita. Al termine della celebrazione, si presenta una famiglia: mamma Sandra, papà Gabriele, e le figlie, Eleonora e Angelica.
Ci tenevano a ringraziarmi per l’omelia, erano rimasti colpiti dalla figura di santa Maria Goretti. Poi, parlando, scopro che come me provenivano da un paese del parmense. Ma quella volta non hanno aggiunto altro, non mi hanno detto nulla della malattia di Eleonora. Erano abbastanza rassicurati dal parere dei medici, secondo cui il linfoma di Hodgkin, rientrava tra i più curabili e quindi aveva una percentuale di guarigione molto alta, circa dell’80 per cento. Erano venuti a Medjugorje per ringraziare la Madonna perché Eleonora aveva risposto bene alle cure e le prime analisi avevano confermato una ripresa positiva del suo stato.
La malattia improvvisamente avanza
Ma al rientro a casa, dopo dieci giorni, su insistenza della mamma che non si sentiva affatto tranquilla, la figlia viene sottoposta a una nuova tac, nonostante il breve intervallo dalle cure dopo la risposta favorevole delle ultime analisi. L’esito spiazza gli stessi medici che non avevano mai visto una simile progressione di quel tipo di tumore: tantissimi piccoli noduli erano comparsi su entrambi i polmoni. Sottopongono subito la piccola Eleonora a un nuovo intervento per capire la natura di quelle formazioni. La biopsia non lascia purtroppo dubbi: micro metastasi polmonari di linfoma di Hodgkin.
Eleonora deve essere di nuovo sottoposta a pesanti cicli di chemio. Ne farà in tutto 18, più 22 ricoveri ospedalieri e 4 interventi ai polmoni in anestesia totale. Sarà costretta per mesi a non uscire a giocare, ad assentarsi dalla scuola, e a percorrere in meno di un anno oltre 100 mila chilo-metri tra casa e ospedali. Da che vengo a Medjugorje – prosegue padre Silvano – in Eleonora, per come si è offerta per tutte le necessità degli ultimi sulla terra, ho trovato il volto più simile a Gesù. Questa piccola bambina di 11 anni aveva capito tutto il senso della nostra vita: l’offerta di sé stessi per amore.
Il ruolo fondamentale della mamma
Tanto del merito va alla mamma che ha avuto un ruolo fondamentale in tutta la vicenda. Sandra, che è anche un’ottima pediatra, è stata vicina a Eleonora con una forza incredibile, non le ha mai trasmesso un’ansia ma anzi la incoraggiava, le trasmetteva pace e l’aiutava a mantenere quella serenità che caratterizzava il suo volto di bambina. Mentre il papà non se ne fa una ragione, Sandra riesce ad accettare la malattia della figlia, anche se non da subito.
All’inizio, se la prende con Dio, non si capacitava di quello che stava succedendo a sua figlia. Pretendeva che se preghi il Signore, Lui deve esaudire ciò che gli domandi. Poi un giorno le capita sottomano un santino di don Dolindo Ruotolo con l’atto di abbandono: ’Signore pensaci tu. Sia fatta la tua volontà e non la mia. Tu sai qual è il bene, io non posso saperlo’. Lo legge due, tre volte e la fa sua. Le stravolge completamente il modo di vedere la vita.
Per quanto difficile, riesce ad accogliere questa dolorosa prova. Capisce che Eleonora, prima di essere sua figlia era innanzitutto figlia di Dio. E Lui sapeva meglio di lei quale fosse la cosa migliore per lei e quale progetto aveva preparato da sempre per la sua bambina. E infatti il Signore aveva preparato qualcosa di molto grande per Eleonora, difficile per i genitori da accettare ma l’offerta di questa bambina sta dando davvero tanti frutti”.
Anche Giovanni Paolo II prega per Eleonora
Per Eleonora un altro aiuto fondamentale sono state le preghiere di tantissime persone: è partita una solidarietà spirituale che non ho mai visto né prima, né dopo – afferma padre Silvano. Sono stati coinvolti innumerevoli gruppi di preghiera in tutta Italia. Radio Maria tramite cui, Eleonora è arrivata al cuore di tante persone; i monasteri; il cardinale Angelo Comastri. Lo stesso papa Giovanni Paolo II ha pregato ogni giorno per lei.
E poi vedendo che non guariva, abbiamo deciso di fare 40 giornate di digiuno con turni di minimo dieci persone. L’effetto su Eleonora era evidente, bastava guardarla e confrontarla con gli altri bambini, ricoverati all’ospedale Gaslini di Genova a causa della sua stessa malattia, che urlavano dal dolore, mentre lei non si lamentava mai. E se le chiedevi come stava, ti rispondeva sempre: ‘Bene!’. E stava bene davvero. Aveva il tumore come tutti gli altri ma trasmetteva pace e serenità.
Eravamo tutti stupiti nel guardarla ma si capiva che non fingeva, il suo stare bene era spontaneo e sincero. Aveva la febbre a 40, i globuli rossi azzerati, una tosse continua e lei sempre col sorriso. Non manifestava fastidio o insofferenza. Mai un capriccio, mai una resistenza alle continue cure, alle trasferte in auto. Era brava a scuola, e ci teneva durante il tempo della malattia a rimanere in pari con i suoi compagni, e s’impegnava con costanza nello studio.
L’ultimo incontro
In lei c’è sempre stata una grande speranza di guarire ma non l’illusione. L’ultima volta che l’ho vista è stato il 15 agosto 2004, festa dell’Assunta. Sono andato a trovarla, si è confessata e abbiamo mangiato insieme un buon gelato. Aveva ematomi ovunque dovuti ai tanti prelievi. Le continue chemio le avevano “flagellato” il corpo e aveva perso tutti i capelli. Eppure, nonostante tutto, è riuscita a lasciarmi il ricordo di una giornata insieme trascorsa in serenità, a scherzare, a giocare a carte.
Aveva una grande gioia e in una situazione così non era affatto normale, non poteva venire da lei, Qualcuno la stava sostenendo. La mattina dopo, era il 16 agosto, dopo una notte tranquilla, Eleonora entra in coma per circa mezzora. Poi si riprende. E qui avviene un fatto molto particolare. Verso le 9.00 un sacerdote eremita di Genova che aveva avuto solo un breve contatto col papà Gabriele, che gli aveva chiesto di celebrare alcune Messe per Eleonora, inaspettatamente telefona e chiede come sta la bimba. Saputo del coma si preoccupa di sapere se aveva ricevuto la Cresima. Quando gli dicono che era in programma per ottobre, insiste per impartirgli un rito d’urgenza e si precipita in ospedale.
Eleonora è assolutamente cosciente e felice di ricevere il sacramento. Poi, poco dopo, ha un brusco peggioramento. La mamma mi avvisa subito. Ero nel mio convento a Sassuolo – ricorda padre Silvano. Mi metto all’istante in macchina. Verso le 13.50, mi ritrovo in viaggio, Sandra mi richiama per dirmi che Eleonora era morta tra le braccia del papà. Sono arrivato da loro che erano le 14:30. Abbiamo pregato tanto vicino al corpo di Eleonora. Sono poi rimasto tutta la notte con loro che erano smarriti nel loro dolore.
Cosa lega Eleonora a Santa Maria Goretti?
Anch’io non riuscivo a chiudere occhio e mi sono dedicato all’omelia per il suo funerale. Ho notato da subito un’incredibile coincidenza che legava la piccola Eleonora a Santa Maria Goretti che abbiamo pregato tanto per lei. Nel 2002, durante i festeggiamenti per il centenario della morte della piccola santa, a cui sono molto legato, veniva sottolineata di continuo la sua età: 11 anni, 8 mesi, 21 giorni. Un tempo che è stato sufficiente a Dio per farne una delle figure più straordinarie della Chiesa e far capire che anche i bambini possono raggiungere le più alte vette spirituali.
Ebbene, Eleonora è rimasta tra noi: 11 anni, 8 mesi, 17 giorni. Una coincidenza impressionante! Abbiamo capito quanto Santa Maria Goretti l’abbia sostenuta in questa battaglia, rendendola più forte e oso dire che ne ha fatto una sua gemellina”.
La sua eredità spirituale in un diario
“Eleonora ci ha lasciato un diario di una grande profondità spirituale – riprende padre Silvano – su cui nel suo ultimo anno di vita, ha annotato i pensieri che rivolgeva a Dio. Lo ringraziava per tutto, per le cose piccole e grandi e offriva al Signore le sue sofferenze, i suoi bei capelli neri che la chemio le aveva fatto cadere, per i bambini che soffrono, per la fine delle guerre. Con questa forma di dialogo ha mantenuto viva la comunione con Gesù.
L’ultima cosa l’ha scritta intorno al 23 di luglio 2004: ’Signore ti offro la mia malattia e tutte le mie sofferenze anche le più piccole. Usale per tutti i problemi che ci sono nel mondo e per salvare le anime del Purgatorio. Grazie. Ti voglio bene. Baci. Eleonora Restori’.
I primi di settembre 2004, poche settimane dopo la sua morte – ricorda padre Silvano – ho scoperto per la prima volta la realtà del campo profughi di Tasovci, vicino a Capljina a 18 chilometri da Medjugorje, che accoglieva 120 famiglie di sfollati. Erano persone che all’indomani della guerra dei Balcani nel 1995, si sono ritrovati e a vivere in container di lamiera, stipate in sei oppure otto. Quando siamo arrivati al campo, ci sono venuti incontro gruppi di bambini.
Avevo ancora con me un’immagine di Eleonora e ho sentito di regalarla a loro dicendo di pregarla affinché li aiutasse. La capo campo l’ha subito appesa e da quel momento è partito il “Progetto Eleonora”, dedicato a lei e da lei ispirato. Si trattava di un piano di aiuto ai profughi con particolare attenzione ai giovani per dare loro una speranza di vita. Quegli stessi giovani di cui santa Maria Goretti è patrona. Il progetto, portato avanti per sei anni, ha dato a tanti ragazzi l’opportunità di studiare, di sviluppare i loro talenti offrendo loro una buona proposta educativa, aiutandoli a maturare competenze professionali secondo le loro capacità.
Le grazie spirituali
Ci siamo impegnati per tirarli fuori dalla tristezza e far vedere loro che esiste un altro modo di vivere e crescere. Dopo aver raggiunto l’obiettivo, abbiamo sentito che la Madonna ci chiamava a un nuovo impegno: soccorrere i cuori delle persone per dare loro la forza e la pace per affrontare i loro disagi e aiutarli, attraverso un preciso metodo di preghiera chiamato “Mille Ave Maria per la Regina della Pace,” ad aprire il cuore e a trovare il loro posto e la loro chiamata.
La morte di Eleonora ha prodotti molti frutti, tante vocazioni, e per la sua intercessione tante famiglie si sono riconciliate, mamme che non riuscivano ad avere figli sono rimaste in dolce attesa.
(Ringrazio la famiglia Restori per la gentile concessione delle foto)
Simona Amabene