La visione dell’Aldilà che un sacerdote racconta di aver visto con i suoi stessi occhi, cosa c’è oltre la morte. Una storia che fa pensare molto e che lascia ognuno di noi alla sua coscienza.
È un racconto particolare e dettagliato fatto dal sacerdote di quella che è definita “esperienza di premorte”.
La vita eterna è quel qualcosa alla quale tutti noi cristiani aspiriamo e, attraverso la preghiera e le opere cerchiamo, per quanto possibile, di fare spazio alla grazia perché la nostra anima possa vivere la Gioia del Paradiso, a contemplare la gloria di Dio.
Nel corso della storia della Chiesa, alcuni Santi ci hanno descritto l’Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ma, in quelle che vengono definite “esperienze di premorte”, ci sono stati anche alcuni sacerdoti e Vescovi che hanno avuto la possibilità di viaggiare e guardarli da vicino per poi tornare a raccontarli.
Uno di questi è il sacerdote don Jose Maniyangat. Racconta di un particolare, quanto straordinario evento, avvenuto nel 1985, la domenica della Divina Misericordia.
Don Josè racconta che, mentre era in moto e si stava recando ad una missione per celebrare la Santa Messa, venne travolto ed investito da una jeep guidata da una persona ubriaca. Immediatamente soccorso, il sacerdote fu trasportato in ospedale a più di 50 km dal luogo dell’incidente. Molti pensavano che non ce l’avrebbe fatta ma fu proprio durante il trasporto in ambulanza, che la sua esperienza (che in qualche modo, possiamo definire mistica) ebbe inizio.
La sua anima uscì dal corpo e, accanto a lui, si presentò l’angelo custode. Mentre intorno a lui infermieri e persone gridavano, l’angelo gli disse: “Sto per portarti in Cielo. Il Signore desidera incontrarti”. Una richiesta assurda, ma l’angelo disse a don Josè che, prima dell’arrivo davanti a Dio, voleva mostrargli anche cosa sono l’Inferno ed il Purgatorio.
Un racconto che inizia ad assumere toni cupi, poiché il sacerdote racconta di essersi trovato a guardare l’Inferno: “Vidi Satana e persone che lottavano, che venivano torturate, e che gridavano” – racconta. Ma ciò che più lo spaventò, era vedere il fuoco e la sofferenza delle persone che, come spiegatogli dall’angelo che lo accompagnava, erano dovute ai peccati mortali commessi nel corso della loro vita.
La sofferenza all’Inferno ha ben 7 gradi o livelli, a seconda del peccato mortale commesso. Più era grave, più il loro copro assumeva una forma brutta ed orribile. Se queste anime si fossero pentite prima di morire, avrebbero espiato la loro colpa in Purgatorio.
Da questa visione, poi, il passaggio al Purgatorio. Anche qui 7 gradi di pentimento, un fuoco meno intenso ed “una sofferenza fatta e dovuta soprattutto perché le anime non possono ancora vedere Dio”. Le anime non erano dannate come quelle all’Inferno, ma erano consce del fatto che, prima o poi, dopo essersi purificate, avrebbero visto la luce di Dio.
Il suo parlare con le anime e quel passaggio, poi, in un tunnel che davanti a lui si aprì e don Josè che si trovò in Paradiso, circondato da una musica bellissima e dalle anime che lodavano e cantavano a Dio. “Ho visto Dio faccia a faccia, e Gesù e Maria, erano così luminosi e sfolgoranti. Gesù mi disse, “Ho bisogno di te. Voglio che torni indietro.
Nella tua “seconda vita”, per il Mio popolo sarai uno strumento di guarigione, e camminerai in una terra straniera e parlerai una lingua straniera” – racconta con stupore il sacerdote.
In Paradiso, il volto del sacerdote era davvero luminoso. Ed è stato poi che, dall’India, don Josè si è trasferito negli Stati Uniti. Ciò che colpisce più di tutto è sapere che, sia il suo Angelo che la Vergine Maria, ogni primo sabato, appaiono ancora a don Josè. Accade durante la sua meditazione mattutina: “E’ personale, e serve per guidarmi nel mio ministero”.
Si tratta di apparizioni private e non pubbliche e, come spiega don Josè, Maria si presenta o come Nostra Signora delle Grazie, o come Nostra Signora dei Dolori.
Più volte gli spiega come il peccato imperversi nel mondo, ma anche come sia necessaria sia la preghiera, che il digiuno che la celebrazione della Santa Messa, proprio per rimediare con la riparazione a questi peccati.
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