Dopo nove mesi di carcere, il gesuita iniquamente accusato di terrorismo non ha potuto nulla contro il Covid.
La Compagnia di Gesù ha un nuovo martire in India. Pur non essendo morto direttamente in odium fidei, padre Stan Swamy è comunque una vittima dell’intolleranza religiosa in India.
Il gesuita si è spento oggi presso l’ospedale della Sacra Famiglia di Mumbai, dove era ricoverato per Covid da alcune settimane. Padre Swamy era stato arrestato nove mesi fa, con l’accusa di terrorismo, e mai scarcerato.
Solo quando le sue condizioni hanno richiesto il ricovero ospedaliero, il sacerdote è stato portato in terapia intensiva. L’agonia è stata accelerata a causa del morbo di Parkinson di cui padre Swamy soffriva da anni. Al momento del decesso, il tribunale stava discutendo della possibilità di una sua scarcerazione.
Insieme ad altre quindici persone, il gesuita era stato tacciato di contatti con la guerriglia maoista. Era quindi finito al centro dell’inchiesta sugli scontri avvenuti nel 2018 alla commemorazione della battaglia di Bhima Koregaon. Swamy ha sempre respinto le accuse, parlando di inserimento ad hoc di alcuni documenti nei pc sequestratigli al momento dell’arresto.
Lo scorso 22 maggio, durante un’udienza del processo, il gesuita aveva rifiutato il ricovero ospedaliero. “Durante questi otto mesi – aveva detto in quell’occasione – c’è stata una lenta ma costante regressione di ogni funzione del mio corpo. Il carcere di Taloja mi ha portato a una condizione in cui non sono in grado né di scrivere né di camminare da solo”.
Preso atto del rapido deperimento della sua salute e dell’altissimo rischio di morte, padre Swamy aveva però aggiunto: “Qualsiasi cosa accada voglio poter stare tra la mia gente”.
La notizia della morte del confratello è stata annunciata dal provinciale dei Gesuiti in India, padre Stanislaus D’Souza. “Con un senso di profondo dolore, angoscia e speranza – scrive padre D’Souza – abbiamo abbandonato padre Stan Swamy all’eterno riposo con l’autore della vita che gli aveva affidato la missione di lavorare tra i tribali, i dalit [i fuori casta, ndr] e le altre comunità emarginate affinché i poveri avessero la vita e l’avessero in abbondanza”.
“La Società di Gesù si impegna in questo momento a portare avanti l’eredità di padre Stan, nella sua missione di giustizia e riconciliazione. I dettagli sul funerale saranno resi noti presto”, conclude il superiore provinciale. [L.M.]
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