Gli orrori della guerra passano anche attraverso quelli che sono i simboli della nostra tradizione cristiana.
A Napoli, a San Gregorio Armeno centro dell’arte dei presepi, un’immagine forte attira l’attenzione: la statua della Vergine Maria ferita, col Bambino Gesù sanguinante, sulle sue ginocchia.
Maria ha suo figlio ferito in braccio, proprio come tante donne e mamme che piangono i loro figli nella guerra che si sta consumando in Terra Santa.
Napoli guarda al presepe in maniera diversa
Una guerra che non accenna a fermarsi, nonostante gli appelli alla pace arrivati anche da Papa Francesco. La Terra Santa è diventato teatro di orrori, allo stesso modo dell’Ucraina, e il mondo non può restare lì a guardare con indifferenza.
Davanti all’inizio quasi imminente delle feste natalizie, la tradizione guarda con occhio triste a questo nuovo scenario di guerra in Terra Santa. Da Napoli arriva, per questo, una Madonna con il Bambino diversa dalla classica immagine che siamo abituati a vedere.
Maria è ferita, con il Bambino Gesù, sanguinante, in grembo: questa è la statua simbolo di questo Natale 2023 che vuole dare un messaggio di invito alla pace che passa anche dal presepe, immagine iconica del Natale: la pace che nasce innanzitutto nei cuori, possa regnare fra i popoli.
Maria: la mamma con il bimbo sanguinante in braccio
Il pensiero rivolto alle tante mamme e ai tanti bambini feriti e uccisi a Gaza, e in ogni parte del mondo ci sia la guerra. A realizzarla è stato il maestro Marco Ferrigno. Lei, Maria, è ferita alla mano destra e sulle sue ginocchia porta Gesù, bimbo sanguinante in più parti del corpo, e con entrambe le braccia fasciate.
A spiegare il perché di questa scelta è stato proprio lo stesso Ferrigno in un’intervista: “Visto il momento particolare e i tanti focolai di guerra che ci sono nel mondo, mi sembrava giusto prendere una posizione. La Madonna e il Bambin Gesù feriti sono un pò la rappresentazione iconografica di questo momento che stiamo vivendo e rappresenta anche un pò l’indignazione di noi tutti e la volontà di volere la pace”.
Il mondo non può restare inerme a guardare. E anche la tradizione si affianca al dolore dei popoli in guerra nella preghiera e nella speranza che tutto possa risolversi al più presto. Perché la pace è il dono più grande che il Signore ci ha donato.