In poche frasi contenute nei Vangeli si è esplicitato il resoconto della nascita di Gesù, dal concepimento dell’Angelo fino al parto di Maria.
In seguito, una sconfinata letteratura di tipo spirituale, laico e religioso ha cercato di arricchire queste poche informazioni, attingendo anche alle rivelazioni avute dai santi o dalle apparizioni miracolose della Madonna stessa ai suoi figli.
I versetti che riguardano quelli che sono chiamati i Vangeli dell’infanzia di Cristo sono infatti solamente 180 in tutto, presenti nei primi due capitoli di entrambi i Vangeli di Matteo e di Luca. Ma la letteratura che ne è seguito, che ha cercato di ricostruire il Natale di Maria, è davvero sterminata.
Questo perché non è di certo facile poter andare a fondo di quei momenti infinitamente ricchi e fondamentali di quei versetti biblici.
L’annunciazione del concepimento verginale di Maria da parte dell’angelo viene convenzionalmente riportata al 25 marzo, ovvero nove mesi prima della nascita di Gesù. L’angelo fece irruzione nella casetta di quella che all’epoca era una sconosciuta ragazza di Nazaret, villaggio della Galilea biblicamente ancora assente.
Maria, reagendo all’annuncio della sua maternità, reagì con grande sobrietà. Sono 154 le parole che si contano in bocca a Maria nel Vangelo. Di queste, 102 sono contenute nel canto del Magnificat. Ciò significa che le altre pronunciazioni da parte della Vergine sono estremamente ridotte.
La prima frase è una domanda verso l’angelo: “Come sarà questo, poiché non conosco uomo?” (Luca 1,34). Sette parole, volte a chiedere non il perché, ma il come. La sua obiezione riguardava il fatto che, da promessa sposa, non aveva avuto alcuna convivenza, né altre “conoscenze” di tipo sessuale.
All’epoca, nel caso in cui la moglie fosse rimasta incinta a causa di un rapporto esterno, lo sposo avrebbe potuto addirittura ripudiarla. Maria mostra in quel frangente la sua razionalità, il suo carattere pacato e mite, coscienzioso, saldo e sicuro. Vuole una spiegazione davanti a quell’annuncio.
Di fronte alla risposta dell’angelo, si presenta così un’altra frase, di dieci parole, che pone le basi per la venuta del Signore. “Ecco la serva del Signore: avvenga a me secondo la tua parola” (Luca 1,38). È il suo sì, la sua accettazione di essere “serva” del Signore, lo stesso titolo d’onore assegnato ad Abramo, Mosè, Giosuè, Davide. E allo stesso Gesù.
Maria mostra di avere compresa la missione che le è destinata all’interno della storia della salvezza. Che la porta direttamente a Betlemme, al momento del parto. Lì, in quei pochi frangenti raccontati in poche righe, si condensa tutta una lunga serie di interrogativi e di questioni tanto storiche quanto teologiche.
“Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio” (Luca 2,7).
Si dice inoltre che il parto di Gesù avvenne infatti non propriamente in una stalla, come usualmente raffigurato, ma in una stanza secondaria che serviva di solito come dispensa o rifugio invernale. Si pensa inoltre, stando ad alcune ricostruzioni moderne, che quella stanza fosse stata ceduta loro per quella notte. Oltre al parere della scienza, tuttavia, c’è anche da ricordare che sono molti i mistici che, nella storia, hanno portato valore aggiunto a quello che è l’essenziale riferimento biblico.
Stesso discorso per la raffigurazione del bue e dell’asino, che si pensa possa riportare più precisamente a un passo del profeta Isaia, in cui si dice che “il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende” (Is 1,3).
Da tutto questo, però, ciò che emerge è la tenerezza di Maria che avvolge il piccolo tra la fasce e lo posa in una semplice culla, fatta di paglia e fieno. Tutto ciò che è stato raccontato in un secondo momento, tuttavia, nasce dalla volontà di ricostruire quegli istanti fondamentali per la storia dell’umanità. Supplendo così all’apparenza mancanza del racconto evangelico, che è però pienezza di vita, di sapienza e soprattutto di speranza, in quanto Parola del Signore.
Francesco Gnagni
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