Salvare un bambino è salvare una vita. Questo è lo slogan di una casa famiglia della provincia di Caserta, dove nulla si è fermato, neanche in tempo di Covid.
A Trentola Ducenta, tanti sono i bambini che arrivano in cerca d’aiuto. E sono arrivati anche il giorno di Natale. Il racconto di coloro che gestiscono la struttura e la felicità nell’accogliere un bambino.
In provincia di Caserta c’è una struttura che non si è mai fermata, neanche durante la pandemia da Coronavirus. È la casa famiglia “La compagnia dei felicioni”, gestita da Antonio e Fortuna, una coppia che, da 18 anni, ha in cura la struttura, creata all’interno di un bene immobile, confiscato ad un boss della camorra.
Bambini, grandi e piccoli, vengono accolti nella casa famiglia e, l’ultimo arrivato, ma solo in ordine di tempo, è Antonio, due mesi, guance paffute e tanta voglia di vivere: “Lo abbiamo visto come un segno del Signore, un dono di Natale, un segno di speranza” – dichiarano i gestori della casa famiglia.
Antonio è nato il 21 ottobre di soli sei mesi ed è arrivato nella casa famiglia il 19 dicembre. Figlio di una donna di appena 23 anni che ha effettuato il quinto parto cesareo.
Il padre di Antonio, tossicodipendente, è accusato di maltrattamenti nei confronti della compagna e, per questo, è stato deciso un allontanamento coatto dalla sua famiglia per il piccolo, anche a causa della sua sindrome metabolica, con un eccesso di produzione di un amminoacido che può compromettere la sua possibilità nell’affrontare alcune malattie.
Tantissimi i bambini che sono stati accolti, anche durante il periodo di lockdown e pandemia Covid: “Abbiamo accolto fra noi anche Julia di due anni e mezzo, arrivata a luglio con una grave malnutrizione. Pesava solo 7 kg.
Il papà è un alcolista e violento, e anche lei, aveva l’alcol nel sangue, già prima della nascita. Ma la sua degenza al Policlinico di Caserta la porta a contrarre il Covid e, da quel momento, il virus è entrato anche nella nostra struttura” – raccontano Antonio e Fortuna.
“Ne siamo usciti a novembre. Un mese da soli, senza operatori e volontari. Ma abbiamo sempre accolto bambini. E’ stato un periodo difficile, ma ce l’abbiamo fatta” – continuano.
“Tutti i bambini ed i ragazzi che arrivano qui, hanno storie molto forti […] A Natale siamo stati solo noi. È la casa famiglia che sta insieme. Ma se busserà qualcuno lo accoglieremo, il Covid non può far morire la speranza”.
“Natale è accoglienza. La gioia dei nostri bimbi, la costruzione quotidiana condivisa della speranza siano sempre segno, della umana presenza del Signore in mezzo a noi” – affermano Fortuna e Antonio.
Un messaggio che rinfranca, porta gioia, e ci aiuta a riscoprire il valore dell’accoglienza. Perché nessun bambino debba esser lasciato da solo e indifeso.
Fonte: avvenire.it
ROSALIA GIGLIANO
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