Papa Francesco nel messaggio “Urbi et Orbi” e nella messa della notte di Natale invita a guardare a Betlemme, al Signore Gesù che viene come un bimbo inerme nella mangiatoia, potente segno che indica la logica di Dio.
Come già accaduto lo scorso anno, il giorno di Natale si rinnova la tradizione della Benedizione “Urbi et Orbi” di papa Francesco dalla loggia centrale di Piazza San Pietro. Con la differenza che quest’anno – dopo gli ingressi contingentati del 2021 – la piazza è tornata a essere gremita dopo le limitazioni della pandemia. Ieri notte il papa ha celebrato la Santa Messa. Mentre stamattina ha annunciato Urbi et Orbi, cioè «alla Città e al Mondo», la gioia della venuta del Salvatore.
Papa Francesco ha invitato a guardare a Betlemme, a Gesù bambino che viene a portare il dono della pace, come annunciato dagli angeli ai pastori. «Il Verbo di Dio non ha bisogno di riflettori, né del clamore delle voci umane», ha detto Francesco.
«Gesù nasce in mezzo a noi: È Dio con noi», ha ricordato il papa. Il Signore è venuto come bambino inerme, povero tra i poveri, a portarci la pace e a vincere il torpore della notte spirituale. «Gesù stesso, sì lui, è la nostra pace», ha detto papa Bergoglio ricordando le parole di San Leone Magno: Natalis Domini natalis est pacis, «il Natale del Signore è il Natale della pace».
Gesù viene a liberarci dai pesi che ci bloccano. E quali sono questi pesi? Le stesse «passioni negative», spiega il pontefice, che impedirono al re Erode e a i potenti del tempo di riconoscerlo: «attaccamento al potere, al denaro, la superbia, l’ipocrisia, la menzogna».
Sono questi i pesi che ci «impediscono di andare a Betlemme». Al tempo stesso Francesco osserva «con dolore che, mentre ci viene donato il Principe della pace, venti di guerra continuano a soffiare gelidi sull’umanità». Il mondo soffre, dice il papa, di una «grave carestia di pace».
«Il nostro sguardo si riempia dei volti dei fratelli e delle sorelle ucraini, che vivono questo Natale al buio, al freddo o lontano dalle proprie case, a causa della distruzione causata da dieci mesi di guerra. Il Signore – ha detto il papa argentino – ci renda pronti a gesti concreti di solidarietà per aiutare quanti stanno soffrendo, e illumini le menti di chi ha il potere di far tacere le armi e porre fine subito a questa guerra insensata! Purtroppo, si preferisce ascoltare altre ragioni, dettate dalle logiche del mondo».
Il pontefice si è rivolto ai governanti chiedendo al Principe della pace di illuminare le loro menti. Francesco, che al termine del messaggio ha concesso l’indulgenza plenaria, ha ricordato anche altri scenari di guerra e di fame del mondo: dalla Sira alla Terra Santa, dal Libano alle regioni del Sahel, e poi Yemen, Iran, Myanmar, Haiti. Il papa ha esortato i cristiani a spendersi per coloro che soffrono la fame definendo il cibo uno «strumento di pace».
«La luce vera viene in un mondo malato di indifferenza» ha aggiunto poi, mettendo in guardia contro la noncuranza verso poveri, profughi, malati e carcerati.
Nell’omelia della Messa della Notte di Natale, papa Francesco si è concentrato soprattutto sulla mangiatoia che accoglie la nascita di Gesù. E attraverso questo segno invita a guardare al piccolo adagiato nella mangiatoia per ritrovare l’autentico senso del Natale.
Il Vangelo, fa notare il papa, inizia presentando una situazione molto simile alla nostra: anche la gente allora era indaffarata, alle prese coi preparativi del censimento decretato da Cesare Augusto. Uno scenario mondano dal quale il racconto evangelico si distanzia, “staccando” su un oggetto all’apparenza del tutto trascurabile e insignificante.
È la mangiatoia che accoglie Gesù in fasce l’oggetto – così “secondario” agli occhi del mondo – su cui attira l’attenzione Francesco. Perché la mangiatoia è così importante? Perché, spiega Francesco, «è il segno, non casuale, con cui Cristo entra nella scena del mondo. È il manifesto con cui si presenta, il modo in cui Dio nasce nella storia per far rinascere la storia».
Un segno potente dunque, col quale Dio vuol dirci almeno tre cose: «vicinanza, povertà e concretezza».
Segno di vicinanza, prima di tutto, perché la mangiatoia, che «serve a portare il cibo vicino alla bocca e a consumarlo più in fretta», in questo modo può simboleggiare «la voracità nel consumare». E se gli animali della stalla consumano cibo, gli esseri umani, affamati di potere e di denaro, consumano anche ben altro: «consumano pure i loro vicini, i loro fratelli», ricorda Francesco. Li consumano in tanti modi, ad esempio con le guerre. Ma sono tanti i luoghi dove la dignità e la libertà dell’uomo vengono calpestate. «E sempre le principali vittime della voracità umana sono i fragili, i deboli».
«Nella mangiatoia del rifiuto e della scomodità, Dio si accomoda», dice Francesco. Viene lì per ricordarci che Dio non è distante, non è un Crono assetato del sangue delle sue creature. Non siamo noi il suo cibo, al contrario è lui a farsi cibo per noi. Così Gesù «viene dove si divora il cibo per farsi nostro cibo. Dio non è un padre che divora i suoi figli, ma il Padre che in Gesù ci fa suoi figli e ci nutre di tenerezza. Viene a toccarci il cuore e a dirci che l’unica forza che muta il corso della storia è l’amore».
Francesco poi si rivolge idealmente a chiunque attraversi un momento di difficoltà: «Fratello, sorella, Dio stanotte si fa vicino a te perché gli importa di te. Dalla mangiatoia, come cibo per la tua vita, ti dice: “Se ti senti consumato dagli eventi, se il tuo senso di colpa e la tua inadeguatezza ti divorano, se hai fame di giustizia, io, Dio, sono con te. So quello che tu vivi, l’ho provato in quella mangiatoia. Conosco le tue miserie e la tua storia. Sono nato per dirti che ti sono e ti sarò sempre vicino”. La mangiatoia del Natale, primo messaggio di un Dio infante, ci dice che Lui è con noi, ci ama, ci cerca. Coraggio, non lasciarti vincere dalla paura, dalla rassegnazione, dallo sconforto. Dio nasce in una mangiatoia per farti rinascere proprio lì, dove pensavi di aver toccato il fondo. Non c’è male, non c’è peccato da cui Gesù non voglia e non possa salvarti. Natale vuol dire che Dio è vicino: rinasca la fiducia!».
Ma la mangiatoia è anche segno della povertà di Dio. Gesù infatti viene al mondo non in un caldo albergo, ma in una fredda stalla, circondato soltanto da «chi gli ha voluto bene: Maria, Giuseppe e dei pastori; tutta gente povera, accomunata da affetto e stupore, non da ricchezze e grandi possibilità».
Sono queste, chiosa papa Bergoglio, «le vere ricchezze della vita: non il denaro e il potere, ma le relazioni e le persone». Ma, aggiunge, «la prima ricchezza, è Gesù». Ma a noi, è la provocazione di Francesco, interessa davvero la persona di Gesù? «Vogliamo stare al suo fianco? Ci avviciniamo a Lui, amiamo la sua povertà? O preferiamo rimanere comodi nei nostri interessi?». E soprattutto, prosegue, «lo visitiamo dove Lui si trova, cioè nelle povere mangiatoie del nostro mondo? Lì Egli è presente. E noi siamo chiamati a essere una Chiesa che adora Gesù povero e serve Gesù nei poveri».
Infine la mangiatoia è un segno della concretezza di Dio. Un bimbo adagiato nella mangiatoia infatti è una scena «che colpisce, persino cruda. Ci ricorda che Dio si è fatto davvero carne».
La concretezza, perfino la crudezza del racconto evangelico ci ricordano che Gesù non è uno “spiritualista” che gode in segreto delle sue delizie interiori. No, insiste Francesco, lo stile di Dio è tutt’altro. Gesù, «che nasce povero, vivrà povero e morirà povero non ha fatto tanti discorsi sulla povertà, ma l’ha vissuta fino in fondo per noi».
Il Salvatore, dalla mangiatoia alla croce, ha testimoniato sempre così il suo amore per ciascuno di noi: in maniera tangibile e concreta: «Dalla nascita alla morte il figlio del falegname ha abbracciato le ruvidità del legno, le asperità della nostra esistenza. Non ci ha amato a parole, non ci ha amato per scherzo!».
Ecco perché Gesù, incalza Francesco, «non si accontenta di apparenze. Non vuole solo buoni propositi, Lui che si è fatto carne». Dio, sottolinea il papa argentino, ama la concretezza. «Lui che è nato nella mangiatoia, cerca una fede concreta, fatta di adorazione e carità, non di chiacchiere ed esteriorità. Lui, che si mette a nudo nella mangiatoia e si metterà a nudo sulla croce, ci chiede verità, di andare alla nuda realtà delle cose, di deporre ai piedi della mangiatoia scuse, giustificazioni e ipocrisie».
Per questo, invita Francesco, «non lasciamo passare questo Natale, fratelli e sorelle, senza fare qualcosa di buono. Visto che è la sua festa, il suo compleanno, facciamogli regali a Lui graditi! A Natale Dio è concreto: nel suo nome facciamo rinascere un po’ di speranza in chi l’ha smarrita!».
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